Wa Lone e Kyaw Soe Oo, giornalisti dell’agenzia Reuters, hanno cercato di fare ciò che ci si aspetta dai giornalisti in una situazione di crisi: entrare in un paese, raccontare cosa accade. Cercare la verità, soprattutto se ad altri (Onu e organizzazioni per i diritti umani) è stato impedito di farlo. Wa Lone e Kyaw Soe Oo hanno provato a documentare la brutale repressione contro la minoranza rohingya, che dalla fine dello scorso agosto ha causato l’esodo di oltre 600.000 persone verso il Bangladesh. Alle autorità di Myanmar la cosa non è andata giù.
Arrestati il 12 dicembre a Yangon dopo un invito a pranzo da parte di agenti di polizia terminato con la consegna di documenti riservati – non è chiaro se sia stata o meno una trappola – Wa Lone e Kyaw Soe Oo sono stati accusati del “possesso di informazioni importanti e segrete del governo relative allo stato di Rakhine e alle forze di sicurezza con l’obiettivo di trasmetterle a un’agenzia all’estero” e posti in isolamento per due settimane, senza contatti col mondo esterno.
Il 23 gennaio Wa Lone e Kyaw Soe Oo vanno a processo. Rischiano fino a 14 anni di carcere, la pena prevista dalla legge per chi ottenga, registri o comunichi documenti o informazioni che mettano a rischio la sicurezza o gli interessi dello stato.