Ogni tanto la politica ci riserva una bella notizia. Parlo della nomina di Liliana Segre a senatore a vita. Ci voleva. Tra una casa pound dal braccio teso e rigurgiti di razzia bianca, questa scelta rimette in primo piano la tragedia della disuguaglianza, in qualsiasi modo sia attuata. La Segre è una testimone oculare di quanto sia criminogeno il concetto di purezza, che alcuni si arrogano il diritto di autoconferirsi, solo per degradare a impuri le minoranze e creare così una gerarchia pseudo-naturale, che giustifichi la “legittima repressione”, per la salvaguardia dell’integrità bio-culturale della razza.
Mostri del passato? Purtroppo no.
Con opportuni aggiornamenti di linguaggio, il suprematismo è sempre attivo. Fa leva sugli stessi sentimenti: frustrazione, rabbia, paura. E nuovi olocausti vengono perpetrati. Come le continue morti in mare dei migranti per annegamento o nei campi di concentramento libici per violenze e torture. Ma questi massacri sono possibili solo a una condizione: l’indifferenza della maggioranza verso queste forme di brutalità. C’era all’epoca del fascismo, quando in molti videro come normalità la persecuzione degli ebrei; c’è oggi, nel considerare un effetto inevitabile la morte di migliaia di profughi.
Tra qualche decennio, faranno senatore a vita un immigrato, che è riuscito a non morire, studiare, diventare cittadino italiano e a raccontare l’odio a cui è sopravvissuto.
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