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High tech: nuovo settore di investimento delle mafie

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Le imprese più potenti al mondo nel settore della tecnologia sono cinque e sono molto diverse tra loro: Microsoft, Apple, Facebook, Amazon e Google. Tecnologia, digitalizzazione, comunicazione, vendita online rappresentano un mondo di opportunità e di business che fa gola alla criminalità organizzata mondiale.  Le cinque imprese citate nel 2017 nei loro specifici settori hanno raggiunto il fatturato più alto di sempre, superando nettamente quello raggiunto nel 2016. In termini di profitto quello di Apple è pari alle altre quattro società sommate tra loro. Amazon, invece è una società dal fatturato enorme ma dai margini piccoli (in percentuale) ma in continua e costante crescita. Microsoft, Facebook e Google, hanno un fatturato inferiore alle altre, in realtà poi generano un profitto sei volte maggiore. I cinque colossi hanno giro d’affari si aggira intorno ai seicento bilioni di dollari annui: un’immensità di denaro. Il settore tecnologico è dunque un campo assai promettente e redditizio. Queste prospettive non possono non far gola alle associazioni mafiose, pertanto, il rischio d’infiltrazioni in questi settori è altissimo. La zona grigia in cui crimine organizzato e tecnologia si sovrappongono va ulteriormente approfondita e definita.

Si tratta di un’area in cui le attività criminali e i criminali stessi si confondono con attività legali, sono per lo più imprese e professionisti che operano nel rispetto della legalità. L’ampliarsi di tale area tuttavia fa segnare un aumento dei livelli di corruzione e inquina le economie nazionali. A oggi non abbiamo strumenti efficaci per combattere questo tipo d’infiltrazioni, per cui si pone l’esigenza di adottare strategie e politiche adeguate a questi fenomeni e soprattutto alle loro continue trasformazioni. A mio giudizio, andrebbero approfonditi i rapporti che intercorrono tra i colletti bianchi e la criminalità organizzata, specialmente alla luce degli ultimi sviluppi di tecnologie all’avanguardia che nei prossimi anni cambieranno gli assetti economici mondiali. La tendenza cui si assiste oggi permette di affermare che la criminalità organizzata stia entrando sempre più a fondo in questi nuovi settori al solo scopo di aumentare i propri guadagni. In questo modo si produce un circuito perverso per cui la disponibilità di capitali criminali investiti in imprese legittime indebolisce quelle legali rendendole facile preda dell’imprenditore criminale e predisponendo tutti gli elementi per un monopolio criminale di alcuni servizi in alcune aree (penso a titolo di esempio alla fibra ottica).

La conclusione frequente di tale processo è l’acquisizione criminale dell’impresa che non riesce a pagare le rate del prestito usurario, con l’effetto di moltiplicare il numero delle imprese infiltrate. Un circuito perverso per il quale la disponibilità di capitali criminali costituisce l’origine dell’infiltrazione criminale nell’economia legale, con tutte le conseguenze inevitabili in termini di costi economici e sociali per l’intera collettività. Ci siamo mai chiesti da dove arrivino i cellulari prima di apparire sugli scaffali dei rivenditori? Questi, come i computer e gran parte dei prodotti tecnologici, funzionano grazie all’impiego del coltano, una lega di columbite e tantalite che ha l’apparenza di una sabbia nera. Questo minerale non è però così facile da trovare: l’ottanta per cento delle riserve mondiali si trova in Africa e precisamente in Congo. Basti pensare che per il controllo di queste risorse sono in corso sanguinosi conflitti e sono coinvolte molte organizzazioni mafiose tra cui quelle italiane (ndrangheta in primis). La tecnologia è, sicuramente, il maggior agente di cambiamento del mondo moderno. Le conquiste tecnologiche offrono soluzioni innovative alle sfide globali più pressanti della nostra epoca. Da esse si muovono oceani di denaro e le mafie non resteranno mai fuori da questi cambiamenti, anzi, sono già preparate ad affrontarli. Come diceva Giovanni Falcone, segui il denaro e trovi la mafia: non è poi tanto difficile.

Vincenzo Musacchio, direttore scientifico della Scuola di Legalità “don Peppe Diana” di Roma e del Molise


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