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Dante, il profugo che convince i migranti a lasciare i centri d’accoglienza

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E’ sbarcato in Sicilia nel 2015. Oggi lavora nella sicurezza dei locali e ha capito che le strutture d’accoglienza “sono incapaci di creare integrazione”. Così ha fondato un’associazione che incontra i profughi fuori dai centri per convincerli a prendersi in mano la loro vita

FIRENZE – Si potrebbe definire un rivoluzionario, un pacifico sovversivo. Dante Kissima è un profugo maliano, sbarcato in Italia nel luglio del 2015. Ha vissuto sulla sua pelle i centri di accoglienza, e ha capito una cosa: “I centri di accoglienza italiani non funzionano, l’integrazione è soltanto una chimera e i migranti non fanno altro che bighellonare nei corridoi”. A differenza di molti altri migranti, lui non ha accettato passivamente questo sistema, ma sta cercando, giorno dopo giorno, di cambiarlo.

L’anno scorso ha trovato il coraggio di lasciare il centro d’accoglienza presso cui era ospitato, a Pisa. Poi ha trovato lavoro nella sicurezza dei locali, a Firenze, dove oggi vive. Si chiama Dante, un nome perfetto per la città del sommo poeta. Dante ha sempre sognato di fare qualcosa per tutti gli altri migranti, nei centri d’accoglienza aveva lasciato tanti amici. “Ero stanco di vederli senza far niente quasi tutto il giorno”. E così ha fondato l’associazione Asahi, che oggi conta 1.300 migranti iscritti.

Gira per la Toscana, oltre che per Bologna, Milano e Napoli, e incontra i richiedenti asilo fuori da centri clandestini. Delle specie di “riunioni carbonare”, dove stimola i migranti a prendersi in mano la vita, ad agire attivamente nella società, senza aspettare che il lavoro venga calato dall’alto. L’ultima riunione lo scorso 7 gennaio al circolo Il Progresso di via Vittorio Emanuele, a Firenze. Dante è arrivato in camicia bianca e cravatta nera. Decine di migranti sono rimasti ad ascoltarlo, quasi incantati. Fa sentire la sua voce anche attraverso Facebook, spesso in diretta, parlando in francese e italiano. Spiega ai migranti cosa fare, quali corse di formazione seguire, quali corsi linguistici sono migliori. Una specie di faro per molti di loro. E prova a convincerli a uscire dai centri, per cominciare a lavorare: “E’ una possibilità che molti migranti neppure sanno di avere, invece è possibile ottenere uno stipendio dignitoso se i migranti lasciano il centro di accoglienza e diventano autonomi”.

Dante organizza, oltre alle riunioni, anche partite di calcio, incontri culturali, serate a tema. E gli iscritti alla sua associazione crescono. Segno dell’insofferenza di molti migranti verso un sistema incapace di integrarli a pieno nella nostra società. “Nei centri la vita degli immigrati è vuota. Senza far niente, può succedere che si sentano inutili, e magari finiscono per prendere strade sbagliate, molti di noi fanno cose brutte, magari diventano spacciatori. Io cerco di sensibilizzarli a una vita nuova, stimolo la loro creatività, tento di risvegliare le loro coscienze, dico loro che un’altra strada è possibile”.

Da redattoresociale


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