di Manuela Modica
«Si è mangiato otto sigarette», è l’ormai storica frase di Rosario Di Dio, presunto boss ed ex sindaco di Castel di Judica. Si riferisce a Raffaele Lombardo, uno dei più controversi governatori che la Sicilia abbia mai avuto. La frase è inserita in un siparietto intercettato dai carabinieri del Ros (Reparto Operativo Speciale) di Catania, che regala un’inattesa analisi a tutto tondo della politica siciliana.
Avviene in un rifornimento Agip, ormai famoso anche quello come presunto luogo dove il boss incontrò l’ex governatore Lombardo, all’epoca candidato per le elezioni Europee. L’analisi politica captata dai militari avviene il 29 dicembre del 2009. Raffaele Lombardo è presidente della Regione ed ha formato l’ennesimo governo.
La notizia rimbalza sui tg. Nel rifornimento Agip di sua proprietà, Di Dio, condannato per mafia lo scorso marzo a 14 anni, è seduto davanti alla televisione e commenta con Salvatore Astuti, le traversie della politica siciliana.
Salvatore Astuti: Lo vedi questo bast… ddocu?
Rosario Di Dio: Un pezzo di mer… è!
A: Quindi del Pdl nemmeno uno ce n’è, allora?
D: Del Pdl Sicilia ce n’è sei
A: Che sarebbe quello di Miccichè!
D: Sì!
A: Perché non gli fanno la mozione di sfiducia e lo mandano a casa?
D: Ci vogliono i numeri
A: Non ci arrivano più adesso… certo. Non ci arrivano più, perché tra Udc e quello che è rimasto del Pdl non ci arrivano. Questo figlio di suc… min… vedi come ha fatto? Ha spaccato un partito.
A: Quello non vuole… quell’altro non vuole…non vuole nessuno e lo tengono in piedi… il Pd non vuole…
D: Questo dura cinque anni
A: Questo dura cinque anni con tutte queste manovre che fa.
D: te lo dico io.
A: Sì, sì!
D: Perché questo è gesuita, hai capito?
A: Ti ricordi quando è venuto da te ad Aci Sant’Antonio? Ah! Questo figlio di suc… minc…
D: Questo gran corn…
A: Quando non era nessuno, te lo ricordi?
D: A me lo dici?
A: Che io ero lì e mi hai detto: “Aspetta che sta venendo un amico tuo”, te lo ricordi?
D: Certo che me lo ricordo. Tu devi pensare che questo, alle prime elezioni regionali che ci sono state, questo gran bast… aveva fatto un accordo con… (parole incomprensibili) a Catania. La sera prima… la sera prima delle votazioni…avevo la sorveglianza speciale…è venuto con… (parole incomprensibili) … è venuto qua con suo fratello Angelo… (parole incomprensibili) …si è mangiato otto sigarette….gli ho detto: “Raffaele, ma io che ho la sorveglianza speciale, come ci vado…(parole incomprensibili ) a cercare le persone e andargli a dire “invece di votare a …(parole incomprensibili)…vota a Saro Di Dio”.
Un linguaggio netto, a tratti violento, ma di certo vigoroso e chiaro, quello espresso nel dialogo di fronte alla tv nel cuore della Sicilia: il rifornimento di Di Dio è sulla Catania-Gela.
Un linguaggio per molti aspetti distante da quello politico: “Ho incontrato personaggi che sostengono di avermi incontrato, ho detto che è possibile che li abbia incontrati ma non è detto che li abbia incontrati”, così risponderà Raffaele Lombardo a proposito dell’incontro a cui fa riferimento in questa intercettazione Di Dio. E ancora: “Oggi avrò visto 300 persone, qualcuno tra loro sarà pure mafioso ma come faccio a saperlo?”. Il disappunto per il presunto voltafaccia di Raffaele è anche declinato nell’intercettazione ambientale del 20 aprile 2008, stavolta gli analisti politici sono il geologo Giovanni Barbagallo e il reggente della cosca dei Santapaola, Vincenzo Aiello:
Barbagallo: Perché adesso Raffaele farà circolo chiuso… ah!
Aiello: Ma scusa, ma allora questi voti perché glieli abbiamo dati?
Barbagallo: Ad Angelo glieli abbiamo dati (fratello di Raffaele Lombardo, ndr)
Aiello: Eh, ma di conseguenza anche a lui
Barbagallo: Angelo ora se ne andrà a Roma…
Aiello: Ma a noi altri lì, alla Regione ci interessa
Barbagallo: Ma perché i soldi da dove arrivano? Non arrivano dai vari ministeri… Enzo, uno deve avere sia qua che là…
Linguaggio netto anche quello dei giudici di secondo grado: “Il summit tra i vertici mafiosi e Raffale Lombardo è un fatto assolutamente privo di riscontro probatorio”, scrivono i magistrati della Corte d’Appello di Catania nelle motivazioni con cui il 31 marzo scorso ha assolto l’ex governatore siciliano dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa condannandolo, invece a due anni (pena sospesa) per voto di scambio aggravato dal favoreggiamento alla mafia. Adesso la parola spetta alla Cassazione.
Ma le parole sono ormai impresse nelle intercettazioni. Una tela di parole che rivela perlomeno una chiara sapienza politica di alcuni esponenti mafiosi e che ne svela se non gli intrecci, di sicuro i possibili riferimenti.