Il 25 gennaio saranno passati due anni. Due anni senza Giulio e senza alcuna verità. Due anni e centinaia, migliaia di persone che, però, Giulio Regeni non lo hanno dimenticato e la verità continuano a cercarla insieme con la famiglia di Giulio. Due anni, e Paola Deffendi è diventata il simbolo di una lotta che non cerca i toni sensazionalistici di certa stampa, il simbolo dell’Italia migliore che ancora sa farsi valere con l’intelligenza, con il garbo, con la fermezza di chi sa di essere nel giusto. Due anni, e Giulio Regeni è ancora vivo per tutti coloro che vogliono dare un nome e un perché alla sua morte. Due anni, e proprio per non smettere di ricordare e di interrogarci a gennaio scade il concorso fotografico organizzato dal collettivo Giulio Siamo Noi: UnaFotoPerGiulio. Una foto per ricordare Giulio, ma al collettivo non sono arrivate soltanto fotografie: la sottoscrizione per chi vuole contribuire offrendo un premio ha registrato una partecipazione generosa ed entusiasta e – soprattutto – la collaborazione di un numero enorme di scrittori che hanno offerto in premio ai vincitori le loro opere.
E questa è forse la cosa più bella, il fatto che il mondo della cultura, dell’arte, della creatività, la parte migliore e più sana del nostro paese abbia preso una posizione così netta, abbia voluto dire, ancora una volta, Io ricordo, Io Giulio me lo ricordo, Io voglio la verità. È bello perché Giulio faceva parte proprio di questa Italia qui, dell’Italia che produce cultura, differenza, ispirazione, verità. È bello perché sono proprio quelli che sanno essere come Giulio a volerlo ancora una volta idealmente abbracciare, a voler dire a lui e alla sua famiglia che esiste un’Italia che non sceglie la via più comoda, che non lascia indietro nessuno, che non soltanto ha voglia di lottare ma sa farlo con i mezzi giusti. Mi piace pensare che a Giulio potrebbero piacere tutti questi libri regalati a lui e per lui, che potrebbe sorridere, che potrebbe guardare tutte queste pagine e gli scatti e l’impegno di chi lo ama e potrebbe pensare che sì, allora ci è riuscito, allora qualcosa l’ha cambiata davvero, che una piccola, piccolissima crepa si è aperta e qualcosa di bello e di nuovo sta filtrando.
Contra arma verbis, diceva Cicerone, Contro le armi con le parole, perché la civiltà, l’evoluzione, l’umanità nel suo senso più alto sta proprio in questo, nell’andare contro le armi nudi e insieme fortissimi, nell’andare contro le armi con le parole, perché ci sopravviveranno le parole, le migliaia di parole che parlano della nostra anima e che alla nostra anima hanno parlato, sopravviveranno quelle, alla fine, e non le armi. E questo Giulio lo sapeva e noi non smettiamo di crederlo.