Chi ha fatto del giornalismo il proprio mestiere sa che i rudimenti si imparano lavorando sui fatti di cronaca. Perche’ sono immediati, non provocano mai la cosiddetta “sindrome da foglio bianco”. Ma chi ostinatamente vuole mantenere viva l’attenzione su un evento sa che il lavoro piu’ difficile e’ quello della memoria. Il 25 gennaio saranno trascorsi due anni dalla scomparsa di Giulio Regeni al Cairo. Quando il 3 febbraio del 2016 usci’ la notizia del ritrovamento del corpo martoriato di Giulio, decine di giornalisti hanno seguito la sua storia, lavorato sulla ricostruzione dei suoi ultimi istanti, cercato testimonianze. Da allora e’ stato detto e scritto tanto, ma il lavoro piu’ importante per cercare di far sì che l’oblio non prenda il sopravvento lo stanno portando avanti le tante persone che animano il collettivo “Giulio Siamo Noi”. Quel “popolo giallo” che i genitori del nostro ricercatore hanno sempre sentito al proprio fianco.
Il concorso fotografico “UnaFotoPerGiulio” in corso in questi giorni e’ solo l’ultima iniziativa e non e’ un caso che stia ricevendo delle adesioni importanti da parte di artisti che vogliono donare qualcosa di proprio per premiare chi riuscira’, con uno scatto, a far sentire viva la memoria e la richiesta di verita’ sulla morte tragica del ricercatore di Fiumicello.
E’ il lavoro instancabile portato avanti da persone anonime ma presenti che aiuta e stimola anche noi giornalisti a non dimenticarci che non dobbiamo mollare, che dobbiamo continuare a chiedere e scoprire, anche se i muri sembrano invalicabili.
Questa settimana gli inquirenti italiani sono andati a Cambridge e sono riusciti a sentire come persona informata dei fatti la Professoressa Maha Abdelrahman, la supervisor di Regeni all’Universita’ britannica. Senza entrare nel merito di quanto divulgato dalla stampa sulla base di cio’ che gli stessi inquirenti hanno lasciato trapelare, e’ importante che carta stampata, tv e radio abbiano trovato ampio spazio per parlarne, non solo in Italia. E sono certa che tutta questa attenzione e’ dovuta anche a quell’incredibile movimento dal basso che ha reso Giulio Regeni un giovane per il quale continuare a battersi.
In qualche modo questo lo hanno capito anche gli egiziani, in particolare i familiari di tutte quelle persone incarcerate, torturate e uccise in questi anni.
(nella foto il Direttivo di Articolo21 l’11 gennaio con la fotopergiulio)