Carne da macello. Questo viene da pensare degli uomini e delle donne curde utilizzati come corpi per combattere Isis in Siria e in Iraq e ora lasciati di nuovo soli di fronte all’attacco della Turchia. In questa solitudine ci sono tutto il cinismo e l’ipocrisia dell’Occidente verso i combattenti curdi sostenuti dalle truppe americane e finanziati dai governi occidentali soltanto fino a quando sono stati ritenuti utili.
Nel primo pomeriggio di sabato i jet turchi hanno cominciato a bombardare Afrin, città a nord-ovest della Siria in cui vivono 500 milioni di persone. Moltissimi civili si sono rifugiati lì proprio per sfuggire in questi anni ai miliziani dello Stato Islamico. Le colonne di fumo nero che salgono in cielo sono il segno ufficiale dell’inizio dell’operazione militare con la quale le truppe di Erdoğan tentano di prendere il controllo della città, da tempo sotto controllo curdo. Per la Turchia da sempre una questione di sicurezza nazionale – proprio per le loro ambizioni indipendentiste -, soprattutto dopo che per due elezioni consecutive hanno conquistato l’11% dei voti, superando la soglia di sbarramento. Dopo quel risultato Erdoğan aveva interrotto il processo di pace, dando il via alle operazioni militari contro le città curde in Turchia durante le quali migliaia di civili sono stati uccisi. Ora, con l’attacco ad Afrin si apre un nuovo fronte nella già complicatissima guerra siriana. I curdi si trovano stritolati: a Nord attaccati dalla Turchia e a Sud le forze del regime di Assad – sostenute dai russi – minacciano un’offensiva militare per riprendere il controllo di tutta la Siria.
Difficile dire quante possano essere fino ad ora le vittime ad Afrin. “Sentiamo il rombo degli aerei sulla città – ha detto all’agenzia di stampa Dpa Haivi Mustapha, copresidente del consiglio esecutivo di Afrin – Si sentono le ambulanze arrivare nelle strade. Ci sono vittime civili”.
Una situazione su cui i Capi di Stato europei non sembrano avere intenzione di intervenire. Sono scesi invece in piazza i cittadini – a Vienna come a Friburgo – in segno di solidarietà al popolo curdo. Già troppo profondo è stato il silenzio dell’Europa sulla distruzione delle città curde in Turchia – da Diyarbakir fino a Cizre – per mano dell’esercito di Erdoğan, non possiamo tacere ancora.