[Traduzione a cura di Benedetta Monti dall’articolo originale di Henning Melber pubblicato su Pambazuka]
Seguendo gli eventi che si sono susseguiti in Zimbabwe dalla metà del mese di novembre (cfr la cronologia separata, in fondo), mi è venuta in mente la Rivoluzione dei Garofani iniziata il 25 aprile 1974 quando, durante un colpo di Stato pacifico, l’esercito portoghese rovesciò il regime dittatoriale di Marcelo Caetano, portando la fine anche della dominazione portoghese nelle colonie africane. Da allora il 25 aprile viene celebrato in Portogallo come la Giornata Nazionale della Libertà.
Lo Zimbabwe ha ottenuto l’indipendenza sei anni più tardi, il 18 aprile 1980, come fase finale di una transizione politica negoziata in base all’Accordo di Lancaster House. Ma nonostante la sovranità, la popolazione dello Zimbabwe non è mai stata veramente libera. Gli scenari che si sono visti ad Harare e in altri luoghi più di 37 anni dopo l’indipendenza, sabato 18 novembre e martedì 21 novembre, hanno fatto tornare in mente altri ricordi, quando la popolazione ha celebrato per la strada il diritto all’auto-determinazione, soltanto per capire in seguito che tale diritto non è mai stato rispettato dai leader dell’Unione Africana Nazionale dello Zimbabwe (ZANU) che ha assunto il potere.
I massacri genocidali compiuti dai Gukurahundi a Matabeleland tra il 1983 e il 1987; la coercizione del partito rivale del Fronte Patriottico Nazionale dello Zimbabwe (ZAPU) con a capo Joshua Nkomo nel nuovo partito ZANU-PF (Fronte Patriottico); la scomparsa degli studenti dell’Università dello Zimbabwe che protestavano a metà degli anni ‘90; le elezioni presidenziali manipolate del 2002; l’Operazione Murambatsvina che ha avuto inizio durante la Giornata dell’Africa del 2005 per “ripulire” i centri urbani dagli abitanti delle baraccopoli; la repressione sistematica dei media indipendenti e la persecuzione dei giornalisti alla fine del secolo; le uccisioni o le sparizioni, le mutilazioni, gli arresti e le torture ai danni di migliaia di oppositori politici e attivisti della società civile e le altre elezioni truccate del 2008: nel corso di 37 anni come Stato sovrano, la popolazione dello Zimbabwe, gli “Zimbo”, non hanno mai avuto la libertà.
Le libertà civili sono state negate dal pugno di ferro del solo e unico leader, Robert Gabriel Mugabe, che ha sviluppato un sistema di “mugabismo” governando il Paese come se fosse una proprietà privata, un apparato civile, politico e di sicurezza militare consolidato nell’egemonia del partito ZANU-PF. Di conseguenza, alla fine del secolo scorso la repressione politica unita al declino economico e al deterioramento sconvolgente delle condizioni di vita, hanno portato alcuni milioni di zimbabwesi a lasciare il Paese per sopravvivere in altro luogo, spesso in condizioni disumanizzanti e miserabili, per sostenere le proprie famiglie rimaste in patria.Durante il periodo della lotta per la liberazione, il regime ha fatto sì che gran parte della popolazione si trovasse in una sorta di esilio piuttosto… Da vociglobali