Dopo 230 giorni di carcere Meşale Tolu, giornalista e interprete turca con nazionalità tedesca, ha potuto lasciare la prigione in cui era detenuta insieme al figlio di due anni.
Un tribunale di Istanbul ha disposto per lei e altre cinque persone, su richiesta della Procura, la libertà condizionata.
Altri 11 imputati nella stessa inchiesta, che aveva portato al suo arresto lo scorso 30 aprile con l’accusa di terrorismo, restano in carcere in attesa del processo.
La Tolu, poco più che trentenne, lavora in Turchia per l’agenzia di stampa Etha, ed è accusata di propaganda e appartenenza a un’organizzazione terrorista. Rischia 15 anni di reclusione.
La maggior parte delle persone inquisite sono di cittadinanza turca alle quali vengono attribuiti legami con il Partito Comunista Marxista Leninista di Turchia e Nord Kurdistan.
La decisione del tribunale potrebbe allentare le tensioni con la Germania, legate anche ad altre vicende giudiziarie che coinvolgono cittadini tedeschi, come quella che vede imputati il corrispondente di Die Welt Deniz Yücel, in carcere da febbraio, e il caso dell’attivista di Amnesty International Peter Steudtner, arrestato all’inizio di luglio, liberato a ottobre ma costretto a rimanere in Turchia in attesa del processo.
Condizioni che hanno spinto il Cancelliere Angela Merkel, che pur ha “accolto positivamente” l’annuncio del rilascio della giornalista, a definire la notizia “buona solo in parte” perché “Tolu non è autorizzata a lasciare il paese e le accuse a suo carico non sono cadute”.
Lei, come Yücel e gli altri 170 giornalisti detenuti nelle prigioni turche dovranno affrontare lunghi e non facili procedimenti giudiziari.
Intanto la sua liberazione è comunque un successo visto che lo scorso ottobre la richiesta di libertà vigilata non era stata accolta perché, secondo i giudici, sussisteva il “rischio di fuga”.
È stata dunque l’azione diplomatica, portata avanti dall’ambasciatore Martin Erdmann, a favorire l’esito positivo della nuova istanza di scarcerazione.
Erdmann aveva più volte incontrato sia Tolu che Yucel e Steudtner, rassicurandoli sull’impegno della Germania e della stessa Merkel a sollecitare il loro rilascio.
E’ evidente che tali pressioni hanno finalmente portato a qualche passo avanti.
Redattrice dell’agenzia di stampa Etha, più volte critica con Erdogan, Meşale Tolu secondo la tesi accusatoria avrebbe sostenuto i promotori del tentativo di golpe del luglio 2016 e avrebbe fatto parte di un’organizzazione terroristica.
Con lei otto mesi fa sono finiti in carcere i colleghi di Haberturk Tv Abdullah Kılıç, coordinatore delle trasmissioni, e Erkan Acar, Ali Akkuş, direttore del quotidiano Zaman, Atilla Tas, ex cantante e editorialista del giornale Meydan, Fırat Çulhaoğlu, capo editorialista della rivista di sinistra Gökçe, Cihan, Hüseyin Aydın e Yeni Şafak di Cihan news agency, lo scrittore Murat Aksoy, l’editor Özgür Düşünce, Seyid Kılıç giornalista di TRT News, Yakup Çetin, cronista giudiziario di Zaman e Yetkin Yildiz, caporedattore del sito di notizie Aktif Haber.
Sono oltre 170, ad oggi, gli operatori dell’informazione detenuti in Turchia che si è trasformata nella “più grande prigione per giornalisti”, non solo turchi.
Nei mesi scorsi Articolo 21, che segue e denuncia da tempo le azioni di Erdogan per imbavagliare le voci critiche del regime, ha rilanciato l’appello dell’editore di Cumhuriyet a illuminare il processo a carico di redattori, avvocati e amministratori dello storico quotidiano di opposizione, rinviato alla fine dell’udienza del 2 novembre al 25 dicembre per il giudizio finale.
Il dibattimento, iniziato il 24 luglio, ha visto finora la scarcerazione di 12 dei 18 imputati.
Dal luglio dello scorso anno le associazioni per la libertà di stampa hanno più volte denunciato i ripetuti attacchi da parte del governo di Recep Tayyip Erdogan all’informazione indipendente. L’ultimo rapporto del Committee to protect journalist ha confermato il primato della Turchia quale paese con il più alto numero di giornalisti in carcere.