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ThyssenKrupp. La storia del rogo

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La notte tra il 5 e il 6 dicembre 2007, esattamente dieci anni fa, negli stabilimenti di Torino della Thyssenkrupp ,un’azienda tedesca che è la più importante d’Europa nel settore dell’acciaio avvenne un grande incendio con una forte esplosione che distrusse la fabbrica. Dopo quattro anni di processo, la Corte di Assise di Torino ha condannato a 16 anni e mezzo di reclusione l’amministratore della Thyssen Group Harald Espenhahn, accusato di omicidio volontario, Cosimo Cafueri, responsabile della sicurezza, Giuseppe Salerno, responsabile dello stabilimento di Torino, Gerald Priegnitz e  Marco Pucci, responsabili del comitato esecutivo dell’azienda, sono stati  condannati a 13 anni per omicidio e incendio colposi(con colpa cosciente) e omissione delle cautele antifortunistiche. Daniele Moroni, membro del comitato esecutivo dell’azienda è stato condannato a 10 anni e 10 mesi. Tutto per quello che è accaduto la notte del 5-6 dicembre 2007 con l’acqua bollente che prende fuoco.

I colleghi chiamano i vigili del fuoco alle 1 e 15 arrivano le ambulanze del 118, i feriti vengono trasferiti all’ospedale. Nei giorni che seguiranno, dopo la morte del primo operaio Antonio Schiavone, moriranno dal 7 al 30 dicembre 2007 le altre sei persone ferite in modo gravissimo dall’olio bollente che si chiamavano Giuseppe Demasi, Angelo Laurino, Roberto Scola, Rosario Rodinò,  Rocco Marzo e Bruno Santino. Degli operai coinvolti nell’occidente l’unico superstite e testimone oculare si chiama Antonio Boccuzzi che lavora nella Thyssen da 13 anni ed è un sindacalista della Uilm, il suo ruolo sarà centrale nella denuncia delle colpe dell’azienda.

I sindacati denunciano immediatamente l’inadeguatezza delle misure di sicurezza nello stabilimento. Le testimonianze di Boccuzzi e  degli altri operai accorsi sul posto dell’incidente parlano di estintori scarichi, telefoni isolati, idranti malfunzionanti, assenza di personale specializzato. Non solo: alcuni degli operai coinvolti nell’incidente lavoravano ininterrottamente da dodici ore, avendo accumulato quattro precedenti ore di straordinario. La verità era che lo stabilimento torinese era in via di dismissione e da tempo l’azienda non investiva adeguatamente nelle misure di sicurezza nei corsi di formazione.

La Thyssen nega di avere alcuna responsabilità e mostra dal primo momento di avere un atteggiamento piuttosto  ostile alla magistratura  e all’opinione pubblica italiana scossa dalla gravità dell’incidente. Accusa gli operai morti di avere provocato l’incidente con delle loro distruzioni e addirittura con “colpe”, poi si corregge e con “errori dovuti a circostanze sfavorevoli”. Durante le indagini, la Guardia di Finanza sequestra ad Harald Hespenhahn,  amministratore delegato un documento riservato in cui si legge che Antonio Boccuzzi “va fermato con azioni legali”.

Il  documento critica pesantemente il pretore pm di Torino Raffaele Guariniello e l’allora ministro del Lavoro Cesare Damiano sul quale-afferma-non si può fare affidamento perchè è schierato dalla parte dei lavoratori.

Il giudizio si conclude con l’accoglimento delle tesi dell’accusa. I dirigenti della Thyssen sono condannati perchè “avrebbero cagionato la morte dei sette operai omettendo di “adottare misure tecniche, organizzative, procedurale ,di prevenzione e protezione contro gli incendi.”

Si va di nuovo a processo nel gennaio 2009 .Durante le udienze emergono altri particolari del funzionamento dello stabilimento. Un operaio racconta che la fabbrica veniva pulita solo in corrispondenza alle visite dell’ASL. Un altro operaio racconta che l’impianto si fermava solo in caso di problemi alla produzione se no si interveniva con la linea in movimento.  Altri testimoni raccontano che gli incendi sulla linea 5 erano molto frequenti  ma gli operai venivano invitati a usare il meno possibile il pulsante di allarme.

Il primo luglio del 2008 la Thyssen ha versato quasi 13 milioni di euro alle famiglie dei sette operai uccisi e queste si sono impegnate a non costituirsi parte civile. Poi è arrivata la sentenza di primo grado della seconda corte di assise di Torino. Oggi lo stabilimento non esiste più . E’ stato chiuso in anticipo con un accordo tra il governo e la Thyssen.

Se si va oggi nel luogo della tragedia l’area è ancora recintata ma i segni delle fiamme sono ancora visibili sulle pareti del grande capannone e sui tubi. L’odore di olio bruciato è ancora intenso…


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