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Rapporto Censis sullo Stato Sociale del Paese: cresce il rancore ma gli italiani spendono in cultura

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“Siamo un paese invecchiato che fa fatica ad affacciarsi sullo stesso mare di giovani” – lo scrivono gli esperti nel Rapporto Censis 2017 sulla Situazione Sociale del paese – “incerto sulla concreta possibilità di offrire pari opportunità al lavoro e all’imprenditoria femminile, immigrata, nelle aree a minore sviluppo” e continuano “In questi anni l’innovazione tecnologica è stata il fattore propulsivo dominante, il maglio demolitore, il setacciatore di opportunità” (…) “La fiducia verso il futuro cresce tra chi ha saputo stare dentro le linee di modernizzazione” e ancora “Pur con indicatori macroeconomici meno esaltanti di altri Paesi, l’Italia vive un quieto andare nella ripresa”. La ripresa dunque, secondo gli esperti, c’è e l’industria va, ma con essa cresce anche tra la popolazione un atteggiamento di rancore. Il rapporto Censis spiega tale inclinazione con il fatto che il dividendo del rilancio economico non è stato re-distribuito, il cosiddetto ascensore sociale non funziona più e il blocco della mobilità ha creato un clima generalizzato di risentimento. “La politica “ – denuncia il Rapporto – “è rimasta con il fiato corto, nell’incessante inseguimento di un quotidiano ‘mi piace’, nella personale verticalizzazione di presenza mediatica, distratta da ogni forma di articolazione degli obiettivi e dei metodi per conseguirli, con programmi di governo del Paese e delle città tanto annunciati quanto inattuati ”.

Non hanno fiducia nei partiti politici 84 italiani su cento, non credono nel governo il 78% e il 76% nel Parlamento, il 70% nelle istituzioni locali. Il 60% è insoddisfatto di come funziona la democrazia, il 64% crede che la voce del cittadino non conti nulla, il 75% giudica male i servizi pubblici. L’87,3% degli italiani appartenenti al ceto popolare pensa che sia difficile salire nella scala sociale, così come l’83,5% del ceto medio e anche il 71,4% del ceto benestante. Al contrario pensano sia facile scivolare in basso il 71,5% del ceto popolare, il 65,4% del ceto medio, il 62,1% dei più abbienti. L’87,3% dei Millennials ritiene molto difficile l’ascesa sociale e il 69,3% giudica facile la caduta in basso.

Il rapporto Censis parla di 1,6 milioni di famiglie in povertà assoluta, il 96,7% in più rispetto al periodo pre-crisi. Si trovano in questa situazione 4,7 milioni, il 165% in più rispetto al 2007, con una crescita che coinvolge tutte le aree geografiche, ma maggiore al Centro (+126%) e al Sud (+100%).

I migranti sono una risorsa, antidoto allo spopolamento. La forza operaia è per lo più composta di stranieri. L’88,5% dei dipendenti stranieri (1.838.639 persone) sono operai, mentre tra gli italiani la quota è del 41%. Solo il 9,9% dei lavoratori stranieri (206.409) sono impiegati contro il 48% degli italiani. Tra i dirigenti, 9.556 sono stranieri contro i 391.585 italiani.

Il Censis rivela che per informarsi gli italiani si affidano sempre di più al social esponendosi al rischio di essere manipolati dalle fake news. Coloro che leggono regolarmente i giornali si sono ridotti al 14,2% nel 2017, mentre il social network ha registrato una forte espansione come fonte d’informazione: Facebook è utilizzato dal 35% degli italiani, con una percentuale de 48,8% tra i giovani. Tra gli utenti di Internet: più della metà hanno dato credito a notizie false circolate in rete. La percentuale scende di poco, anche se rimane sempre al di sopra della metà, per le persone più istruite (51,9%), ma sale fino al 58,8% tra i più giovani. Per tre quarti degli italiani (77,8%) quello delle fake news è un fenomeno pericoloso. Soprattutto le persone più istruite ritengono che le bugie sul web siano create ad arte per inquinare il dibattito pubblico (74,1%) e che favoriscono il populismo (69,4%). Nel giro di quindici anni le copie di quotidiani vendute giornalmente sono passate da quasi 6 milioni, nel 2000, a meno di 3 milioni, nel 2016, con una perdita di oltre il 50%. Ma i tg restano ancora il mezzo d’informazione più utilizzato dagli italiani (60,6%).

Nota certamente positiva è che, a fronte di una riduzione del 3,9 dei consumi complessivi negli ultimi dieci anni, cresce la spesa delle famiglie per la cultura, il patrimonio storico artistico e l’intrattenimento. Si è insomma andata consolidando la tendenza a uscire da casa per visitare mostre e musei, guardare film al cinema, assistere ai concerti. Nel 2007-2016 gli italiani hanno speso in questo settore il 12,5% in più, attestandosi come coloro i quali han fatto l’investimento più alto tra tutti i cittadini dell’Unione Europea.


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