Scritto da Bruna Alasia
ROMA – “Pur con indicatori macroeconomici meno esaltanti di altri Paesi, l’Italia vive un quieto andare nella ripresa”, è quanto si legge nel 51mo rapporto del CENSIS, appena presentato. Secondo gli esperti la ripresa c’è e l’industria va, tuttavia si dice anche che il dividendo del rilancio economico non è stato redistribuito e il blocco della mobilità sociale ha dato vita a un clima generalizzato di risentimento.
Non hanno fiducia nei partiti politici 84 italiani su cento, non credono nel governo il 78% e il 76% nel Parlamento, il 70% nelle istituzioni locali. Il 60% è insoddisfatto di come funziona la democrazia, il 64% crede che la voce del cittadino non conti nulla, il 75% giudica male i servizi pubblici.
Ai fattori che rendono faticosa la nostra situazione, l’indagine ascrive “il rimpicciolimento demografico del Paese, la povertà del capitale umano immigrato, la polarizzazione dell’occupazione che penalizza l’ex ceto medio”; “la paura del declassamento”, definito “il nuovo fantasma sociale”.
L’87,3% degli italiani appartenenti al ceto popolare pensa che sia difficile salire nella scala sociale, così come l’83,5% del ceto medio e anche il 71,4% del ceto benestante. Al contrario pensano sia facile scivolare in basso il 71,5% del ceto popolare, il 65,4% del ceto medio, il 62,1% dei più abbienti. L’87,3% dei Millennials ritiene molto difficile l’ascesa sociale e il 69,3% giudica facile la caduta in basso.
I migranti quale antidoto allo spopolamento, è il fenomeno demografico rilevato dal Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese, nel capitolo concernente la sicurezza, i migranti e la cittadinanza. La forza operaia è per lo più composta di stranieri. L’88,5% dei dipendenti stranieri (1.838.639 persone) sono operai, mentre tra gli italiani la quota è del 41%. Solo il 9,9% dei lavoratori stranieri (206.409) sono impiegati contro il 48% degli italiani. Tra i dirigenti, 9.556 sono stranieri contro i 391.585 italiani.
Il rapporto Censis parla di 1,6 milioni di famiglie in povertà assoluta, il 96,7% in più rispetto al periodo pre-crisi. Si trovano in questa situazione 4,7 milioni, il 165% in più rispetto al 2007, con una crescita che coinvolge tutte le aree geografiche, ma maggiore al Centro (+126%) e al Sud (+100%).
Il Censis rivela che per informarsi gli italiani si affidano sempre di più ai social esponendosi al rischio di essere manipolati dalle fake news. Coloro che leggono regolarmente i giornali si sono ridotti al 14,2% nel 2017, mentre il social network ha registrato una forte espansione come fonte d’informazione: Facebook è utilizzato dal 35% degli italiani, con una percentuale de 48,8% tra i giovani. Tra gli utenti di Internet: più della metà hanno dato credito a notizie false circolate in rete. La percentuale scende di poco, anche se rimane sempre al di sopra della metà, per le persone più istruite (51,9%), ma sale fino al 58,8% tra i più giovani. Per tre quarti degli italiani (77,8%) quello delle fake news è un fenomeno pericoloso. Soprattutto le persone più istruite ritengono che le bugie sul web vengono create ad arte per inquinare il dibattito pubblico (74,1%) e che favoriscono il populismo (69,4%). Nel giro di quindici anni le copie di quotidiani vendute giornalmente sono passate da quasi 6 milioni, nel 2000, a meno di 3 milioni, nel 2016, con una perdita di oltre il 50%. Ma i tg restano ancora il mezzo d’informazione più utilizzato dagli italiani (60,6%).
Una nota decisamente positiva è che, a fronte di una riduzione del 3,9 dei consumi complessivi negli ultimi dieci anni, cresce la spesa delle famiglie per la cultura, il patrimonio storico artistico e l’intrattenimento. Si è insomma andata consolidando la tendenza a uscire da casa per visitare mostre e musei, guardare film al cinema, assistere ai concerti. Nel 2007-2016 gli italiani hanno speso in questo settore il 12,5% in più, attestandosi come coloro i quali han fatto l’investimento più alto tra tutti i cittadini dell’Unione Europea.