Oltre 40 minuti di fila esposti a una temperatura natalizia, ma ne valeva la pena. La Nuvola di Fuksas ospita quest’anno Più libri, più liberi, la rassegna della piccola editoria. Con la possibilità – oltre ai libri – di vedere dall’interno anche questa spettacolare struttura. Da fuori già impressiona. Un enorme hangar di cristallo che trattiene a stento la potenza leggera di una enorme nuvola. Si entra scendendo gradoni in travertino e subito l’ingresso stupisce con tutta la verticalità terra-cielo mozzafiato della struttura: come nove piani senza soffitti. E la nuvola più in là, come un dirigibile futurista.
Non resisto. Lascio per dopo i libri e vado subito verso la scala mobile, per entrare a visitarne il ventre. Che appena sbarco, mi avvolge con le sue costole di acciaio snodate in tutte le curve che servono a seguire il profilo della pelle della nuvola. Le onde dell’immenso telaio sembrano disegnate da un’idea liquida e i parapetti in cristallo trasparente danno la sensazione di una lievitazione collettiva dei presenti.
Arrivano voci di relatori nelle platee sparse per tutta la struttura, improvvisi applausi, esibizioni al piano dal vivo, ragazze che ci avvertono che Giacobbo sta per iniziare, mentre altre richiamano per Ezio Mauro. Vorrei andare anche nell’onirico auditorium, ma è chiuso.
Dopo aver smaltito la sbronza di questa emozione architettonica, sento il richiamo dei libri. Scendo al pian terreno, gli stand sono affacciati su corridoi ordinati, ma la folla è oltre la mia capacità di compresenza. Cerco di sbirciare titoli come posso. Tra i tantissimi volumi, m’incuriosisce “L’ infezione del sacro. Storia naturale della superstizione” di Paul Henri Thiry d’Holbach, come gli splendidi album per bambini pieni di draghi, topi e principesse, titoli di filosofia, le belle foto dell’Istituto Luce, Modi di dire siciliani in uso. Una maglietta fucsia con la scritta “Leggo perché non so volare”. In uno stand, un signore apparentemente rilassato, si sveglia all’improvviso dal suo torpore e mi si avventa come un coccodrillo “Mi permetto di consigliarle il mio terzo romanzo Il barbiere”. Mi salvo con un sorriso. Sento che siamo troppi. Mi fa piacere per il ritorno della lettura, ma non riesco a stare oltre.
Esco vedendo molti giovani, soprattutto in gruppo. L’uscita ha un percorso con all’esterno subdoli gradini poco visibili. Ma c’è l’addetto, che con ironia capitolina avverte ad alta voce “Attenzione ai gradini, che non si vedono, ma si sentono”.
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