Maria Callas nasce il 2 dicembre del 1923 al Flower Hospital sulla V° Avenue di New York, la città dove pochi mesi prima, il 2 agosto, i suoi genitori, Georges e Evangelia Kalogeropoulos, erano emigrati da Atene insieme alla sorella Jackie. Secondo la madre era invece il 4 dicembre, l’impalpabile leggenda comincia sin dall’esatta individuazione del suo primo giorno di vita. Sin da piccola viene sospinta allo studio del canto nella casa di Washington Heigts, sulla 192° strada, dalla madre, una donna inquieta ed ambiziosa, negli anni in cui il soprano più celebrato negli USA è l’affascinante Rosa Ponselle del Connecticut. Definita “La Caruso in gonnella”, dopo aver debuttato il 15 novembre del 1918 al Metropolitan come Leonora de La Forza del destino di Verdi, aveva riproposto nel 1929 a Londra Norma di Bellini e quattro anni dopo al Teatro Comunale di Firenze la Vestale di Spontini.
Le cronache dell’epoca la descrivono dotata di “una voce brunita, sensuale e piena, limpida, vigorosa e agile, notevolmente estesa, sorretta da un’ottima preparazione tecnica” e la registrazione di una Traviata, andata in scena il 5 gennaio del 1935 al Metropolitan, diretta da Ettore Panizza e con il celebre baritono Lawrence Tibbet nel ruolo del barone Germont, ne fornisce conferma.
Norma, Vestale e Traviata saranno tre opere molto importanti nella futura carriera di Maria Callas. L’ascolto di Rosa Ponselle folgora la giovane Maria ma l’anno dopo, nel febbraio 1937, lei e la sorella sono costrette a ritornare in Grecia insieme alla madre che si separa per sempre dal marito, un farmacista caduto in disgrazia economica.
Arrivata ad Atene, la 14enne Maria inizia a frequentare il locale Conservatorio dove due anni dopo incontra quella che diventerà la sua maestra, il soprano spagnolo Elvira De Hidalgo, un apprezzato soprano leggero di coloratura che nel 1908 aveva debuttato al San Carlo di Napoli come Rosina ne Il Barbere di Siviglia di Rossini, altro ruolo che in futuro verrà magistralmente interpretato da Maria Callas. L’insieme di queste due voci antitetiche tra loro produrrà il miracolo Callas, la quale, rivoluzionando ogni classificazione canora fino a quel momento imperante nell’opera, inventerà il soprano assoluto, quello in grado di cantare tutti gli spartiti, dal barocco a Wagner.
Il 27 agosto 1941, ancora diciassettenne, debutta in un ruolo vocalmente pesante e che caso vuole sarà anche l’ultima opera che canterà in scena 24 anni dopo al Covent Garden di Londra, Tosca di Giacomo Puccini. In meno di due anni diventa la cantante di riferimento dell’Opera di Atene e il 14 agosto 1944 si esibisce al Teatro di Erode Attico nel Fidelio di Beethoven, cantato in lingua greca, davanti agli ufficiali nazisti che in quegli anni stavano occupando la Grecia. Questo fatto le costerà il futuro ostracismo in patria dopo la liberazione del 1944 e così il 3 agosto del 1945 canta il suo ultimo concerto e il 14 settembre si imbarca su una nave diretta in USA per ritornare dal padre a New York.
Il 3 dicembre viene rifiutata dal Metropolitan dopo un’audizione e quella sua voce così aspra e disuguale non trova estimatori in terra americana fino a quando, due anni dopo, l’ex tenore italiano Giovanni Zenatello propone a quello che era allora il suo agente (e in seguito si scoprirà anche amante), l’ungherese Eddie Bagarozy, di farle inaugurare l’imminente stagione dell’Arena di Verona con la Gioconda di Ponchielli. Il 29 giugno del 1947 Maria Callas sbarca a Napoli per raggiungere Verona dove la sera dopo incontra in Piazza Bra quello che diventerà suo marito e manager, l’industriale veronese Giovanni Battista Meneghini, che ha 27 anni più di lei e che già il giorno successivo la porta a fare una romantica gita a Venezia. E così il 2 agosto del 1947 quella che diventerà la più grande cantante del secolo debutta a 23 anni in Italia in una delle opere vocalmente più difficili di tutto il melodramma sotto la direzione di Tullio Serafin.
La sua prima esibizione non ottiene un particolare successo ma convinta da Meneghini decide ugualmente di rimanere in Italia in quella che, le aveva detto la sua insegnante, era la patria del belcanto.
Il 17 settembre Meneghini riesce a procurarle un’audizione al Teatro alla Scala, ma come due anni prima al Metropolitan, e nonostante si presenti con Casta Diva da Norma, brano che in seguito l’avrebbe resa famosa in tutto il mondo, il Maestro Mario Labroca la boccia senza appello. In compenso il 30 dicembre canta alla Fenice di Venezia Tristano e Isotta di Wagner in italiano, come si usava allora, e meno di un mese dopo, il 29 gennaio 1948, Turandot di Puccini entrambe ancora con Serafin.
Il primo anno italiano prosegue con varie esibizioni in teatri defilati e sempre in ruoli da soprano drammatico fino a quando il 18 ottobre 1948, dopo una recita di Aida a Torino, si verifica quello che si rivelerà essere l’incontro musicale più importante della sua vita. Il maestro Serafin la presenta a Francesco Siciliani, fresco di nomina come direttore artistico del Comunale di Firenze, il quale, dopo averla sentita, dice di avere finalmente trovato “il soprano drammatico di agilità” e le offre seduta stante di debuttare nella Norma prevista a Firenze per il mese successivo.
Maria Callas impara la parte in meno di un mese con Serafin e il 30 novembre si esibisce per la prima volta nell’opera che era stata riscoperta 19 anni prima da Rosa Ponselle e ottiene il suo primo grande successo. Il secondo miracolo avviene meno di due mesi dopo a Venezia. Mentre è impegnata alla Fenice nelle recite di Walkiria di Wagner, che debutta l’8 gennaio 1949, Serafin le chiede di sostituire l’indisposto soprano leggero Margherita Carosio ingaggiato per i Puritani previsti per il 19 gennaio e dopo avere imparato la parte di Elvira in meno di 15 giorni, Maria Callas ottiene un secondo trionfo in Bellini. Mario Nordio sul Gazzettino-sera del 20 gennaio scrive: «Molti avranno fatto un balzo leggendo il nome della magnifica Brunilde, Isotta e Turandot quale interprete di Elvira. Iersera tutti l’hanno sentita e anche i più scettici – pur riconoscendo fin dai primi accenti che non era il classico ‘soprano leggero’ della tradizione – hanno dovuto convenire che il ‘miracolo’ Maria Callas l’aveva compiuto». La leggenda di un soprano capace in meno di un mese di cantare tre recite di Walkiria e tre di Puritani alternate tra loro fa il giro del mondo e la Callas diventa il nuovo mito di tutti i melomani, anche perché cinque giorni dopo l’ultima rappresentazione veneziana di Puritani è di nuovo Walkiria a Palermo, il 12 febbraio Turandot a Napoli e il 25 febbraio debutta come Kundri in Parsifal di Wagner a Roma.
Il 21 aprile sposa Meneghini nella chiesa veronese dei Filippini e il giorno dopo parte con Serafin per una tournee di tre mesi in Argentina dove al Teatro Colon di Buenos Aires canta Turandot, Norma e Aida e al ritorno ottiene il 6 settembre la carta identità italiana con il nome di Sofia Cecila Kalos, altezza 1.73. Il 18 settembre canta nella chiesa di San Pietro di Perugia l’oratorio San Giovanni Battista di Alessandro Stradella del 1675, che sarà la più antica musica che eseguirà, e l’8 novembre incide a Torino per la Cetra il suo primo disco di arie d’opera con brani tratti da Tristano, Norma e Puritani diretta da Arturo Basile e che George Lascelles, settimo conte di Harewood e cugino della futura regina Elisabetta II, definirà su Opera dell’aprile 1952 «l’interpretazione sopranile più emozionante che ci sia giunta in disco dall’Italia dalla fine della guerra». Il 20 dicembre esegue al San Carlo di Napoli una stupefacente Abigaille da Nabucco di Verdi dove al termine della stretta del terzo atto con il glorioso baritono Gino Bechi interpola un incredibile Mi bemolle acuto e quattro mesi dopo viene chiamata per la prima volta alla Scala per sostituire Renata Tebaldi in alcune recite di Aida, e il 12 aprile del 1950 debutta in quello che in seguito diventerà il suo futuro teatro di elezione, ma non riscuote grandi consensi.
Il 23 maggio 1950 parte per una seconda tournee, questa volta in Messico, dove al Teatro delle Belle Arti canta Norma, Aida, Tosca, e per la prima volta Il Trovatore di Verdi e sarà durante quel periodo che vedrà per l’ultima volta la madre con la quale da quel momento troncherà per sempre ogni rapporto. Al suo rientro incontra il 27 settembre Arturo Toscanini nella casa milanese di Via Durini per progettare un Macbeth che poi non avrà seguito e poi si trasferisce a Roma dove il 19 ottobre debutta al Teatro Eliseo in un’opera buffa di Rossini, Il Turco in Italia, diretta da Gianandrea Gavazzeni e il 20 e 21 novembre canta due volte di fila Parsifal di Wagner alla sede Rai prima di ottenere il suo secondo clamoroso trionfo fiorentino con il quale aprirà il successivo anno e che sarà anche quello della sua definitiva consacrazione.
Il 14 gennaio 1951 Franco Siciliani la fa debuttare in Traviata di Verdi sulla quale così si esprimerà il giorno dopo il critico Leonardo Pinzauti su Il Mattino: “A scrivere delle impressioni suscitate da questa grande cantante c’è pericolo di scivolare in suggestioni letterarie. Non si esagera dicendo che nello spettacolo di ieri sera c’è stato chi ha davvero commemorato Verdi (nel cinquantenario della morte) e l’ha riportato tra noi, una volta tanto, col peso di tutta un’epoca, in in sublime candore di poesia. La Callas ha sentito, e non ha avuto incertezze, di dover rappresentare il centro ed il dominante motivo di ispirazione del dramma verdiano. Il suo canto, sorretto sempre da un’accurata ritmica dizione, ha trovato una potenza allusiva difficilmente superabile. Entusiasticamente applaudita anche a scena aperta”.
Il 27 gennaio canta al San Carlo di Napoli in Trovatore con il grande Manrico di Giacomo Lauri Volpi, che sarà sempre uno dei suoi massimi estimatori, e il 12 marzo si esibisce in uno spettacolare concerto Martini Rossi a Torino diretto da Wolf-Ferrari dove esegue arie da Il Franco Cacciatore di Von Weber, Mignon di Massenet, Ballo in Maschera di Verdi e soprattutto quel leggendario “Deh torna mio bene” dalle Variazioni di Proch ove sfoggia persino dei Fa sovracuti, tuttora ritenuto da molti, grazie alla circolazione tra gli appassionati della fortunosa registrazione pirata, il punto più alto di virtuosismo live mai raggiunto da qualsiasi soprano.
Il 26 maggio al Maggio fiorentino Siciliani la scrittura per quello che sarà il suo terzo trionfo personale in quel teatro negli allora misconosciuti Vespri Siciliani di Verdi diretti da Eirich Kleiber ed è a quel punto che il sovrintendente Antonio Ghiringhelli la ingaggia per la futura inaugurazione scaligera in quell’opera.
Dopo avere eseguito alla Pergola di Firenze, e sempre con Kleiber, Orfeo e Euridice di Haydn, parte per la sua terza tournee in Messico e Brasile con Mario Del Monaco e Renata Tebaldi in cui canta Aida, Norma, Tosca e Traviata e finalmente la sera di Sant’Ambrogio del 7 dicembre 1951 ottiene nei Vespri Siciliani diretti da Victor De Sabata un grande trionfo in quella Scala dove solo tre anni prima le avevano consigliato di cambiare mestiere. Una costumista che lavorava da anni in quel teatro dirà di essere rimasta allibita durante le prove per aver sentito una Elena cantare con le note gravi del contralto Cloe Elmo e quelle acute dell’usignolo Toti Dal Monte e nasce la leggenda delle “tre voci” di Maria Callas.
Il 16 gennaio del 1952 canta la sua prima Norma alla Scala dove torna il 2 aprile per interpretare Costanza nel Ratto del Serraglio di Mozart prima di partire per Firenze per quello che sarà il suo quarto spettacolo al Comunale destinato a passare alla storia, la maga Armida di Rossini del 26 aprile. Da maggio a luglio partecipa alla quarta ed ultima tournee sudamericana in cui, tra Argentina e Messico, esegue con il tenore Giuseppe Di Stefano Puritani, Traviata, Tosca e due nuove opere ritenute fino a quel momento appannaggio dei soli soprani leggeri, Lucia di Lammermoor di Donizetti e Rigoletto di Verdi e a settembre incide a Torino per la Cetra la sua prima opera completa, Gioconda, quella del suo debutto italiano, diretta da Antonio Votto.
L’8 novembre 1952 conquista anche il Covent Garden di Londra con Norma che vede la partecipazione, nel piccolo ruolo di Clotilde, di una giovane Joan Sutherland e quindi è pronta per la sua seconda inaugurazione scaligera con il Macbeth di Verdi diretto da De Sabata. In quell’occasione contratta con il sovrintendente Ghiringhelli delle recite di Traviata per l’anno successivo quale condizione pregiudiziale e quando scoprirà che la promessa Traviata non era stata messa in cartellone Meneghini otterrà che venisse pagata ugualmente anche per le tre recite di Traviata non fatte, minacciando, in caso contrario, di non farla cantare né in Gioconda né in Trovatore. L’anno 1953 si apre con il quinto trionfo fiorentino nella Lucia di Lammermoor di Donizetti del 25 gennaio che quattro giorni dopo incide per la Emi con cui Meneghini ha appena concluso un nuovo vantaggioso contratto discografico e il 24 marzo incide i Puritani.
Il 7 maggio è ancora a Firenze che realizza un’altra prestazione storica con la riesumazione di Medea di Cherubini diretta da Vittorio Gui, opera che diventerà, dopo Norma, il suo secondo capolavoro per antonomasia. Il 4 giugno è Aida a Londra diretta da John Barbirolli dove canta anche Norma e Trovatore, nel mese di agosto incide in quattro giorni per la EMI Cavalleria Rusticana di Mascagni e quello che sarà il suo disco d’opera più straordinario, Tosca di Puccini diretta da De Sabata, con Tito Gobbi e Giuseppe Di Stefano e il 19 settembre incide a Torino Traviata per l’ultimo adempimento del vecchio contratto con la Cetra.
Salta l’inaugurazione scaligera del 1953, affidata a Renata Tebaldi con La Wally di Catalani, ma i riflettori sono tutti puntati sulla sua Medea di tre giorni dopo diretta da Leonard Bernstein che ottiene un memorabile trionfo. Il 1954 si apre ancora alla Scala il 18 gennaio con una trionfale Lucia di Lammermoor diretta da Herbert Von Karajan ed è sempre alla Scala che il 4 aprile debutta in un’altra opera misconosciuta, Alceste di Gluck diretta da Carlo Maria Giulini, seguita solo otto giorni dopo da Don Carlo di Verdi, e dopo avere inciso per la EMI Norma di Bellini, Pagliacci di Leoncavallo, La Forza del destino di Verdi e il Turco in Italia di Rossini e cantato il 15 agosto all’Arena di Verona nel Mefistofele di Boito, parte per il debutto in USA.
Il 1° novembre al Teatro di Chicago canta Norma diretta da Nicola Rescigno, destinato a diventare il suo direttore di riferimento, l’8 Traviata, il 15 Lucia di Lammermoor e quindi torna a Milano per la sua terza inaugurazione scaligera con quella Vestale di Spontini che aveva reso grande Rosa Ponselle e per la prima volta con la regia di Luchino Visconti. Quando si apre il sipario di quel 7 dicembre 1954 il pubblico scaligero ha un sussulto. Quella bellissima, magrissima ed elegantissima Giulia che si vede sulla scena è lo stesso soprano che all’inizio dell’anno nella Lucia di Lammermoor pesava 75 Kg e nella Gioconda dell’anno prima 92. A quel punto la sua leggenda non avrà più confini visto che quella che aveva saputo diventare a 25 anni la più straordinaria cantante lirica a 31 si era improvvisamente quanto misteriosamente trasformata anche in una delle donne più affascinanti del globo.
Grazie agli abiti che le confeziona la più ambita sarta milanese Biki, nipote di Puccini, diventa la regina del glamour e i coniugi Meneghini si trasferiscono a Milano dove acquistano una villa in Via Buonarroti mentre Renata Tebaldi abbandona Milano e si trasferisce a New York.
Ormai è la regina incontrastata della Scala dove nei primi mesi del 1955 infila una serie di quattro spettacoli straordinari, l’8 gennaio è Maddalena in Andrea Chénier di Giordano con Mario Del Monaco, il 5 marzo è Amina in Sonnambula di Bellini con la direzione di Bernstein e di nuovo la regia di Visconti, il 15 aprile è Donna Fiorilla ne Il Turco in Italia di Rossini con la regia di un giovane Zeffirelli e il 28 maggio è Violetta nella storica Traviata diretta da Giulini con la regia di Visconti. L’inarrestabile momento d’oro viene interrotto all’improvviso nel corso della seconda esperienza americana quando il 17 novembre a Chicago, dopo una trionfale recita di Madama Butterfly di Puccini, un ufficiale giudiziario si introduce nel suo camerino per notificarle una citazione che fa scoppiare quello che sarà solo il primo di una serie di futuri scandali internazionali. L’ex manager Bagarozy rivendica anni di diritti mai percepiti e per forzare le resistenze di Meneghini gli invia a mezzo avvocati alcune imbarazzanti lettere scrittegli dalla Callas anche dopo il matrimonio e il tutto si chiude con un notevole esborso di denaro.
Il 7 dicembre inaugura per la quarta volta in 5 anni la Scala in Norma con Mario Del Monaco e sempre in Scala il 16 febbraio 1956 debutta in Rosina nel Barbiere di Siviglia di Rossini diretto da Giulini con il Figaro di Tito Gobbi e il 21 maggio in Fedora di Giordano con l’emergente Franco Corelli. Tutto è pronto per l’atteso debutto in quel Metropolitan di New York che undici anni prima l’aveva rifiutata e che avviene la sera del 29 ottobre 1956 con Norma, cui segue il 15 novembre Tosca diretta da Mitropoulos il cui successo è tale che dieci giorni dopo viene invitata alla puntata del popolare Ed Sullivan Show TV dove si esibisce nel 2° atto con il baritono George London e il 3 dicembre trionfa in Lucia di Lammermoor con Richard Tucker.
L’anno dopo torna in Scala dove sotto la regia di Luchino Visconti riesuma il 14 aprile 1957 Anna Bolena di Donizetti con la direzione di Gianandrea Gavazzeni e il 1 giugno Ifigenia in Tauride di Gluck con la direzione di Bruno Sonzogno.
Il 5 agosto torna in quell’Anfiteatro di Erode Attico di Atene dove tanti anni prima aveva cantato nel Fidelio, per un concerto diretto da Votto e il 19 agosto è al Festival di Edimburgo con i complessi della Scala per quattro recite di Sonnambula di Bellini diretta da Votto. A soli 33 anni, dieci anni dopo il suo arrivo in Italia da perfetta sconosciuta, Maria Callas è la cantante lirica più famosa e pagata del mondo e una donna bellissima ed elegantissima, ma è proprio nel momento più alto della sua inarrestabile ascesa che l’incanto si spezza.
La prima rottura è con il Teatro che più di tutti aveva contribuito al suo successo, quando rifiuta al sovrintendente Ghiringhelli di cantare la quinta recita di Sonnambula ad Edimburgo per presenziare il 3 settembre ad una festa organizzata in suo onore al Lido di Venezia da Elsa Maxwell. Ormai per la stagione 1957-58 è già stata ingaggiata ma per quella successiva la Scala non la scrittura più.
Pochi giorni dopo scoppia un secondo scandalo quando invia una improvvisa disdetta per malattia al Teatro di San Francisco che l’attendeva per l’inaugurazione di stagione del 13 settembre con Lucia di Lammermoor ed emerge che il giorno prima aveva iniziato a Milano la registrazione di Medea per la Ricordi e il 7 dicembre inaugura per la quinta volta la Scala con Il Ballo in Maschera di Verdi diretto da Gavazzeni.
Il 1958 si apre con il terzo scandalo che sarà anche il più famoso, quando il 2 gennaio all’Opera di Roma dichiara a forfait al termine del primo atto della Norma in cui era presente il Presidente della Repubblica Gronchi. Il 19 maggio 1958 riesuma alla Scala Il Pirata di Bellini con Franco Corelli e al termine dell’ultima recita del 31 maggio da l’addio a Milano e alla Scala, ma non sarà così. Il 6 novembre 1958, mentre sta cantando Medea a Dallas, rompe clamorosamente anche con il sovrintendente Bing del Metropolitan di New York che la licenzia pubblicamente per grave inadempimento e l’ anno tormentoso si chiude con la storica serata del 19 dicembre organizzata da Meneghini al Palais Garnier di Parigi per un concerto con orchestra a favore della Legione d’onore trasmesso in eurovisione in tutto il mondo. Nel 1959, al termine dell’ultima recita di Medea al Covent Garden di Londra del 30 giugno, l’armatore greco Aristotele Onassis, colpito dal suo immenso fascino durante il concerto di Parigi, organizza una fantasmagorica festa in suo onore al Dorchester Hotel di Londra.
L’11 e 14 luglio i coniugi Meneghini si recano per l’ultima volta insieme ad una esibizione della Callas per due concerti diretti da Rescigno ad Amsterdam e a Bruxelles e il 22 luglio si imbarcano a Montecarlo sul Christina di Onassis per quella che si rivelerà essere per la coppia la crociera fatale. Il 7 agosto il patriarca Atenagora benedice in greco di fronte al monte Athos i due conterranei più famosi del mondo e al ritorno a Milano la Callas lascia seduta stante il marito che la vedrà per l’ultima volta il 17 agosto quando Onassis verrà a prenderla in elicottero nella loro casa estiva di Sirmione.
Come già aveva fatto con la madre nove anni prima, Maria Callas sarà capace di troncare di colpo e definitivamente ogni tipo di rapporto anche con l’ex marito. La carriera lirica del più straordinario soprano del novecento si conclude di fatto a 36 anni di età. Inizia una burrascosa convivenza con Onassis che durerà 9 anni e nel corso del 1960 le sue uniche esibizioni saranno due recite di Norma il 24 e il 28 agosto al Teatro antico di Epidauro per assecondare il nuovo amore greco, prima della riconciliazione con la Scala che la ingaggia a sorpresa per l’inaugurazione del 7 dicembre 1960 con quella che sarà la sua ultima riscoperta di un’opera dimenticata, il Poliuto di Donizetti diretto da Antonino Votto, mentre l’ultima esibizione in quel teatro sarà il 3 giugno 1962 in Medea diretta da Thomas Schippers.
Il 1965 è l’anno del suo definitivo ritiro dalle scene. Il 19 febbraio è Tosca a Parigi con Rescigno, il 19 marzo ancora Tosca a New York con Fausto Cleva, l’11 maggio registra per la TV francese un concerto diretto da Pretre in cui esegue arie da Sonnambula di Bellini e Manon di Massenet, il 14 maggio canta a Parigi la sua ultima Norma e il 5 luglio 1965 si esibisce per l’ultima volta in scena a Londra in una recita straordinaria di Tosca in presenza della regina Elisabetta. L’anno dopo assume la nazionalità greca per sposare Onassis ma questo non avverrà mai perché lui, due anni dopo, sposerà il 20 ottobre del 1968 Jacqueline, la vedova del Presidente John Fitzgerald Kennedy.
Nel 1969 Maria Callas gira con Pierpaolo Pasolini il film Medea che uscirà l’anno dopo e otterrà solo un successo di stima e dall’ottobre del 1971 al febbraio del 1972 tiene delle masterclasses per giovani cantanti alla prestigiosa Juilliard School di NY. Nel marzo del 1973 accetta di fare la regia dei Vespri Siciliani per l’inaugurazione del nuovo teatro di Torino con Giuseppe Di Stefano, con il quale il 25 ottobre darà inizio ad Amburgo ad una tournee mondiale di rientro con concerti di canto che si concluderanno l’11 settembre del 1974 in Giappone a Sapporo, dopo avere cantato per l’ultima volta a Milano, l’11 dicembre del 1973, all’Istituto dei tumori dove la figlia di Di Stefano gravemente malata di cancro sarebbe morta pochi mesi dopo.
Terminata l’esperienza con Di Stefano, si ritira tristemente anche dalla vita richiudendosi nella sua faraonica casa parigina di Avenue Georges Mandel dove il 15 marzo 1975 apprenderà della morte di Onassis, il 2 novembre di quella di Pasolini e l’anno dopo di quella di Visconti.
Il 16 settembre del 1977 Maria Callas viene trovata morta in bagno all’età di 53 anni e il 3 giugno del 1979 le ceneri di quella che era stata la più grande cantante lirica di sempre vengono disperse nel mare Egeo. Meno di cinquantaquattro anni di vita sono stati più che sufficienti a creare una leggenda imperitura e ineguagliata in un arte poco popolare come l’opera lirica e per una carriera tutto sommato breve, ricompresa tra i 23 e i 33 anni di età. In pratica, quando la maggior parte dei soprani si affaccia alla prima ribalta, lei aveva già fatto tutto, proponendo al mondo intero un modo di cantare del tutto nuovo e riscoprendo le opere più dimenticate e degli autori più diversi, che solo lei seppe tramutare in capolavori. Quella inconfondibile voce, tutta “costruita” con pazienza e fatica, fu quella che le consentirà di eseguire alla perfezione tutte le note scritte da tutti i compositori in tutte le opere e su quella onnipotenza esecutiva la Callas poté poi costruire anche la sua successiva supremazia di Artista nel senso più completo del termine.
Quando a 30 anni si accorse che le sue straordinarie creazioni vocali avevano pur sempre il limite di un poco credibile aspetto fisico, ella, da grande donna di Teatro quale era, decise di perfezionare anche quell’aspetto. E come la musicista aveva “adattato” (rectius: domato) la propria voce di natura sgraziata al rispetto rigoroso di tutti i segni di espressione prescritti dal compositore, così la donna di Teatro “adattò” (rectius: domò) il proprio corpo di natura altrettanto sgraziato al rispetto rigoroso delle esigenze scenico-espressive del dramma. In tal modo la Violetta scaligera del 1955 non era più solo la straordinaria vocalista del disco Cetra del 1953 ma diventava in scena quella sfortunata eroina di Dumas consunta dalla vita che al 3° atto muore di tisi. Tutto questo dimostra l’amore totale e incondizionato dell’interprete verso l’autore, il rispetto assoluto e la dedizione sacrificale della musicista ed attrice verso Bellini, Verdi e Puccini e le loro sublimi creazioni.
Maria Callas, negli anni in cui ha cantato in tutto il mondo e con quella generosità quel repertorio sovrumano e micidiale che avrebbe stroncato una squadra intera di soprani, è stata una vera e propria vestale dell’arte. Ogni qualvolta raffigurava un personaggio del melodramma pareva infondergli un pezzo della propria anima, il tremore della sua voce produceva un canto stravolto, si verificava una sorta di immedesimazione musicale totale, e questo, si badi, fino alla sua ultima nota emessa, anche negli anni del declino. Nulla di strano quindi se giunta alla soglia dei 40 anni abbia deciso di “vivere” e di essere Maria la donna, e non più solo “la Callas” anche se purtroppo, e come spesso capita ai grandi, la donna Maria non ottenne nella vita gli stessi risultati, ma questo è altro discorso.
Oggi a tutti coloro che acclamano la più famosa cantante lirica della storia, nonché la diva dalla vita irripetibile nel bene e nel male, insuperata musa dei più grandi artisti del ventesimo secolo, voglio solo ricordare che “dietro” a tutto questo c’era per prima cosa la più fenomenale vocalista che avesse mai calcato le scene dell’opera. Ecco perché, aldilà del mito e dei romanzi, ancora oggi se si deve fare venire la pelle d’oca agli spettatori in una scena straziante del film Philadelphia, un bravo regista come Jonathan Demme non deve neppure sforzarsi d’immaginazione, paga i diritti alla EMI e ci piazza dentro la voce della Callas di 50 anni fa, magari tratta da un opera che non era neppure tra le sue meglio riuscite. E’ ovvio che prima e dopo di lei ci siano stati altri grandi soprani, ma sulla resa complessiva di un intero personaggio, la Callas, che scolpiva ogni più remoto accento del meno rilevante dei recitativi, non ebbe allora e non avrà più in seguito, rivali. Perché come mi dicevano i vecchi loggionisti che l’avevano vista e sentita in quei 7 anni memorabili alla Scala, tutte le altre cantavano, magari anche benissimo, i loro personaggi, mentre la Callas in scena diventava ogni volta uno di loro.
Il suo immortale segreto, può sembrare banale, era tutto qui: il segreto di quello che è stato probabilmente il più importante fenomeno artistico dell’era moderna.