Vabbè, mettiamola così: gli manca poco per andare in pensione (lo dice una nota ufficiale) così hanno probabilmente deciso anche per le sue “competenze” (al vice questore Rocco Schiavone Manzini avrebbe fatto dire “eh sti cazzi”) di assegnarlo alla poltrona numero due dell’antimafia. E così l’ennesima puntata del dopo G8 del 2001 a Genova si compie con la “promozione” (la nota ufficiale nega la promozione confermando però il nuovo incarico. Ma l’assegnazione non è stata a un servizio qualsiasi ma ai vertici dell’antimafia…) di Gilberto Caldarozzi, uno degli alti funzionari condannati per l’irruzione alla scuola Diaz.
La nota diffusa l’altro ieri dopo che il collega Marco Preve di Repubblica Genova aveva scoperto la “promozione/assegnazione” (lo stesso collega già sindacalista ligure della Fnsi che rivelò per primo la vicenda del carcere speciale di Bolzaneto) rivela anche una notizia: funzionari e poliziotti, “dopo aver scontato interamente le pene inflitte, anche nella forma accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici, nonché i provvedimenti disciplinari irrogati, sono stati riammessi in servizio, come previsto dalla legge”. Per norma e procedura non era prevista la destituzione dal servizio ma la notizia è la “rivelazione” dei provvedimenti disciplinari di cui (fatte salve poche eccezioni) non si è mai avuto notizia salvo una generica comunicazione alla Cedu europea dopo la serie di condanne all’Italia proprio per i fatti di Genova. Sarà possibile conoscerli nel dettaglio tutti? Ma proprio tutti? Scommetto di no. E non ri-cito il commissario (vice questore) Schiavone.
Fatta la breve, ultima (?) cronistoria degli eventi recenti si ritorna punto e a capo. Il capo della polizia che si pente e parla di disastro distanza di 16 anni dai fatti (intervista rilasciata a Carlo Bonini, Repubblica, un poco “pelosa” e nessuno si offenda): certo interessante, ma scusate, facile, nel momento in cui tutti i vertici e influenti dell’epoca non erano più a tiro. Varie prese di posizione nel corso degli ultimi anni, ma mai delle verità chiare per quanto possibile: le poche e non necessariamente totali ma parziali, le hanno scritte le motivazioni di alcuni processi sui casi Diaz e Bolzaneto e le investigazioni (difficili, molto difficili) giornalistiche. All’interno degli stessi media e della categoria che, peraltro, ha faticato ma ha dato un buon contributo, non è stato facile se si pensa che sino a qualche anno fa c’era una sorta di premio gestito dall’unione cronisti con i gruppi locali nella cui commissione c’erano tutti gli esponenti delle varie forze di polizia e, tra loro, anche in un passaggio Roberto Sgalla, portavoce dei vertici della polizia al G8 di Genova (quello delle macchie di pomodoro sulle scale della Diaz). Questo, con molta amarezza e immutata voglia di non mollare, la dice lunga sui silenzi, sulle mezze verità e le interviste con pentimenti e scuse tardive. Ovviamente anche sulle ricollocazioni in servizio come quella di Calderozzi. La politica, tutta (rarissime le eccezioni, ma davvero rare e degne di una teca da museo) ha archiviato il giorno dopo i fatti. Genova rimane una brutta pagina e lo rimarrà per sempre. Chi non dimentica non lo fa per spirito di vendetta, ma per “giustizia e verità”, sembrerà strano e pure perché crede (o vorrebbe credere) nella lealtà delle nostre istituzioni. Ma resta sempre vigente il principio del marchese del Grillo