E se in Italia l’abolizione della net-neutrality fosse già in corso da tempo?

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L’informazione “mainstream” ci da notizie pessime da oltre-oceano: Trump, sotto la pressione dei grossi operatori, attraverso l’analogo della nostra AGCOM, la FCC abolisce la net-neutrality.

Cos’è, con qualche semplice esempio? Pensate che per raggiungere un dato servizio (posta, web, video on demand, etc.) il vostro operatore diversifichi il prezzo in base a sue esigenze commerciali e senza nessun riscontro dal punto di vista dei costi industriali. Ovvero, hai bisogno della posta? Paghi uno. Posta e web? Paghi due. Posta, web e video on demand? Paghi tre. E così via ed indipendentemente dal “consumo/utilizzo della connessione dati”, a proprio, quello dell’operatore, insindacabile giudizio.

Ebbene pensate poi alla “casalinga di Voghera” (comune che sicuramente è servito da tutti gli operatori big con qualità di connessione elevata) o al “pastore lucano” (qui già la copertura, anche solo con telefonia mobile la vedo più difficile!) decida di appoggiarsi ad un operatore locale per la connettività internet, e successivamente fare un contratto con un operatore di contenuti video (perché la serie tv amata, non si può perdere né in fila al mercato, né al pascolo in campagna!). Ebbene succede che tra la rete dell’operatore locale, per raggiungere il provider di contenuti video e con esso l’amata serie tv, bisogna attraversare la rete di un operatore big che non gradisca che i dati attraversino impunemente la propria rete. Ebbene questi può rallentare o addirittura impedire l’attraversamento di questi dati, creando disservizio, anche difficilmente indagabile.

Ecco questi un paio di esempi di net-neutrality distrutta.

Riguardo alla scelta USA, volendo sorvolare sulla jattura politica che stanno subendo loro, sono molto soggetti al potere delle lobby, da sempre. E noi in Italia?

Piccolo antefatto: internet, quasi da quando è nata, si è dotata, per rendere più efficiente il sistema, di luoghi ove operatori grandi e piccoli si scambiassero i dati provenienti dalle proprie reti, in maniera paritaria e senza oneri commerciali di alcun genere. Per integrità ed efficienza della rete stessa. Ebbene da qualche anno in Italia non è più così, gli operatori di telecomunicazioni big (gli stessi delle bollette a 28 giorni invece che mensili per capirsi, sotto il silenzio iniziale e le tardive e ridicole, per entità, sanzioni), entità che controllano tra l’80 ed il 90% del mercato, hanno deciso che il traffico non fosse più “da pari a pari” (peer-to-peer), con buona pace della “casalinga di Voghera” e del “pastore lucano”. Aspettando ora, con pessimismo ed alla luce dei cattivi maestri d’oltreoceano, anche la diversificazione di tariffe a seconda dei servizi utilizzati.

Ne parlai in ambito parlamentare e ne scrissi circa due anni fa (qui).

E sin qui posso essere tacciato di “interessi di bottega”, visto che sono un dirigente dell’associazione di categoria che rappresenta il maggior numero di iscritti in Italia tra le PMI nel settore delle TLC.

– Siamo sicuri che il filtro, già grave in se, per abuso di posizione di mercato, non sarà filtro anche alla libera informazione?
– La situazione USA , con il presidente Trump che tratta la libera informazione come sgradita, non potrebbe essere l’inizio del filtraggio di questa da parte degli operatori, vista la concessione dell’abolizione della net-neutrality?
– In Italia riusciremo a ripristinare il peering (“da pari a pari”, “peer to peer”) come argine minimo per la net-neutrality?
– Riusciremo a non farci prendere da manie “censorie” mantenendo la conseguente libertà d’informazione, base della democrazia?

Su queste risposte ci giochiamo le libertà nostre e delle future generazioni, vista la sempre più pervasività nel quotidiano della rete internet.

Immagine di Camilo Sanchez


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