Sguscio via dalle strade piene di frenesia per gli ultimi regali e arrivo a Trastevere nella Casa della Memoria e della Storia, per vedere la mostra “Le costituenti” dedicata alle 21 donne che scrissero la Costituzione 70 anni fa. Sono solo e vedere tutte quelle foto silenziose di donne sulle pareti mi dà l’impressione di entrare in una chiesa della democrazia. Volti giovani, in bianco e nero, con le loro biografie che parlano di donne povere, abbienti, aristocratiche, ribelli, cattoliche, ma con un unico ideale: ricostruire un Paese devastato culturalmente dal fascismo e materialmente dalla guerra.
“Quando ci fu il primo suffragio universale – racconta Nilde Iotti in un’intervista a l’Unità del 1986 – mi madre non dormì per tutta la notte prima. Poi si vestì prestissimo, era agitata dalla responsabilità di votare, perché era la prima volta che le donne potevano decidere del futuro della nazione”. Passo da un riquadro all’altro, in un susseguirsi di storie di impegno civile, come maestre, sindacaliste, partigiane, crocerossine, fondatrici di case per poveri, tutte inviate alla Costituente per meriti sociali.
Penso a come sia stato importante il loro apporto per vertebrare di principi la Carta. E come sia stata sincera a loro dedizione all’interesse generale. Molte – dopo l’esperienza costituente – sono tornate ai loro impegni. Sola quattro sono rimaste in politica. Esco con un senso di colpa, per quanto poco abbiamo ringraziato e ricordato queste piccole grandi donne. Ma mi sento orgoglioso di queste madri costituenti e del loro messaggio semplice e intransigente: si arriva alla politica dal sociale. Altrimenti, non è vocazione.
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