Basta urla. Non incutere più paura. Il M5S normale. Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista, in modi diversi, lanciano in pista un Movimento rassicurante, tranquillo, di governo, non più rivoluzionario e anti sistema. I giovani Di Maio, 31 anni, e Di Battista, 39 anni, hanno fatto partire la strategia di corteggiamento dei ceti moderati, sia pure con stili molto diversi. Il traguardo sono le elezioni politiche della prossima primavera. Con qualche mese di anticipo è scattato Di Maio. L’attività è frenetica, all’estero e in Italia, tra gli imprenditori nazionali e quelli internazionali.
Ha puntato sul presidente della Repubblica Francese, Emmanuel Macron, il più europeista tra i capi di Stato della Ue. In una lettera aperta ha paragonato i cinquestelle alla sua “formazione giovanissima” che ha sconfitto i partiti tradizionali francesi. Ha assicurato: “Il Movimento 5 Stelle non ha nulla a che fare con certe formazioni xenofobe e antagoniste che crescono un po’ ovunque in Europa”.
Di Maio ha messo da parte le più importanti e vittoriose battaglie populiste d’opposizione realizzate da Beppe Grillo negli ultimi anni a colpi di “vaff..” e di sberleffi: l’addio all’euro e alla stessa Unione europea, gli attacchi alle banche e alle grandi imprese multinazionali, il no all’”invasione” dell’Italia da parte degli immigrati.
Alla convention del M5S di Milano ha teorizzato: “Nessuno ci crede più che siamo il male dell’Italia”. Ha attaccato i partiti tradizionali usando i loro stessi slogan: il M5S è “l’unica forza politica che può assicurare la stabilità al Paese”. I cinquestelle sono diventati una grande forza politica con cui fare i conti: hanno conquistato i sindaci di molti importanti città italiane come Roma e Torino (in queste metropoli, però, i risultati non sono certo entusiasmanti) e i sondaggi elettorali li danno testa a testa con il Pd nella sfida a primo partito italiano con circa il 27% dei voti.
Di Maio e Di Battista, la rivoluzione liberale non riuscita a Berlusconi sembra essere riproposta in chiave pentastellata. Sulla forte ascesa del M5S Di Maio, al di là di errori e gaffe, tenta di sfondare con la doppia qualifica di candidato premier e di “capo politico” dei cinquestelle.
Due diverse normalità: istituzionale quella del vice presidente della Camera, movimentista quella di Di Battista. Dibbà, com’è chiamato affettuosamente da amici e compagni, ha annunciato che non si ricandiderà alla Camera per motivi personali: “Voglio dedicarmi a mio figlio”. A La7 ha parlato del percorso, piuttosto intimo, di terapia di coppia intrapreso con la compagna Sahra per affrontare meglio la gravidanza improvvisa: “E’ stato un viaggio bellissimo”. Roba da confessione da diario serale.
Spiega l’addio alla Camera in un libro appena dato alle stampe con la Rizzoli: “Meglio liberi. Lettera a mio figlio sul coraggio di cambiare”. Parla delle battaglie in piazza (anche nel suo caso non mancano errori e gaffe) e soprattutto del figlio Andrea nato da poco. Racconta molti episodi intimi come questo: “L’ho pulito con cura; i suoi angelici escrementi erano piuttosto appiccicosi la prima settimana ma era roba di mio figlio, sangue del mio sangue e non ho provato disgusto”. E’ un gesto di padre affettuoso ma certamente non si tratta di un’impresa eroica. Ma questi comportamenti personalissimi, apparentemente lontani dalla politica, sono un aspetto della nuova normalità del M5S, vogliono fare breccia sui lettori e su gli elettori.
Di Maio e Di Battista, il M5S cambia pelle. Le urla di “tutti a casa!” di Grillo, i suoi insulti (Berlusconi “psiconano”, Renzi “ebetino di Firenze”, Napolitano “salma”, Bersani “Gargamella”) sembrano il passato populista archiviato. Ma su queste “spallate”, facendo leva sulla protesta dei disoccupati, dei precari e delle vittime della crisi economica, il comico genovese ha fondato e portato al trionfo il M5S. Quando a settembre ha ceduto a Di Maio lo scettro di “capo” dei cinquestelle ha avvertito: “Vado in pensione ma starò sempre con voi”.
Fonte: www.sfogliaroma.it