40 anni fa la parità uomo-donna sul posto di lavoro: per non dimenticare

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L’Italia del 1977, con buona pace di chi liquida quel decennio solo come “anni di piombo”, era una realtà complessa ma solidale, con una forte impronta riformista. Nel biennio 1977-1978, e non lo ricorda mai nessuno, furono varate le maggiori riforme sociali che, pur fatte a brandelli anno dopo anno, mantengono ancora oggi il nostro paese a livelli dignitosi di assistenza e di qualità del lavoro.

Il 9 dicembre del 77 fu approvata una legge al tempo rivoluzionaria: la parità dell’uomo e della donna sul lavoro. Mentre Berlinguer e Moro si scambiavano i primi segnali di un possibile “compromesso storico”, la prima donna ministro, Tina Anselmi, riuscì a far passare una legge che per la prima volta dava operatività ad un principio costituzionale e sanciva la regola che la donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore e che le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione. Furono ideati allora i permessi di maternità e i datori di lavoro si adeguarono a fatica.

Ciò che però appare drammatico è che negli anni immediatamente successivi alla legge, che entrò in vigore a gennaio 1978, i parametri previsti furono rispettati, negli anni seguenti anche consolidati, fino a quando, con l’inizio della crisi è diventato sempre più frequente scaricare sulle donne lavoratrici il peso principale della delocalizzazione e della disoccupazione. Senza contare il ricorso selvaggio ai contratti ormai perfino a giornata!

Queste grandi leggi degli anni 70, che è opportuno ricordare e darne memoria ai giovani, hanno costituito l’ossatura di un paese che avrebbe dovuto essere sano e rispettoso dei diritti del cittadino. Parità uomo-donna, servizio sanitario per tutti, scuola per tutti, chiusura dei manicomi, tutela della maternità, tutela del posto di lavoro: tutto diventato realtà in quegli anni in cui però, e non ce ne faremo mai una ragione, un terrorismo di cui sappiamo ancora troppo poco ha fatto di quella Italia il “paese mancato” magistralmente descritto da Guido Crainz.

In fondo, 40 anni dopo, basterebbe ispirarsi a quel modello di riforme: cambiare è più che necessario, ma i diritti delle persone ieri come oggi, e come domani, dovranno essere al centro di ogni cambiamento. La memoria del “buono” degli anni ’70 deve servirci a questo e vale soprattutto per il modo del lavoro che deve inevitabilmente attraversare il deserto del cambiamento tecnologico ineludibile e inesorabile. Introdurre norme severe sulle molestie sessuali nei contratti di lavoro è un buon seguito di quella legge di parità ormai quarantennale. Ma è solo un piccolo passo.


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