Un film in uscita come regalo di compleanno. E’ un lusso che Woody Allen si concede da qualche anno, lui che, il 1° dicembre prossimo, ne compirà ottantadue. Quel giorno Woody, che dice di detestare i compleanni, dovrà comunque festeggiare perché uscirà sugli schermi il suo nuovo film: Wonder Wheel, nel quale ha diretto attori del calibro di Kate Winslet, Jim Belushi e Justin Timberlake: una storia drammatica ambientata negli anni Cinquanta ai piedi della ruota panoramica di Coney Island. La fotografia è firmata dal premio Oscar Vittorio Storaro.
Da qualche anno, dunque, c’è sempre un film di Woody Allen in uscita. Più di James Bond. Del resto, di 007 ne sono stati girati 24, mentre il pigro, disincantato, pessimista Allen ne ha alle spalle ben 46: come regista, come interprete o in entrambi i ruoli. C’è chi li ha visti tutti, chi solo i primi, da Prendi i soldi e scappa e Tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso e non avete mai avuto il coraggio di chiedere. C’è chi invece si è fermato a Pallottole su Broadway o a Crimini e misfatti. Neanche James Bond può contare sulla fedeltà totale dei suoi primi spettatori, è un fatto generazionale. Eppure Woody Allen più che ottantenne continua a sfornare film e a dire che non si spiega il perché. Il penultimo, Irrational man, com’è noto, è la storia di un professore di filosofia devastato dalla depressione che si appassiona soltanto all’omicidio. A parte l’omicidio è abbastanza autobiografico.
C’è chi fa un film dopo l’altro sfruttando l’onda della popolarità prima che si esaurisca. C’è chi, come Clint Eastwood, fa film per poter un giorno passare, come ha fatto, da attore a regista. C’è chi fa film soprattutto per i soldi. Woody Allen è diventato da attore regista fin dai primi titoli, la sua è una popolarità anomala: è più apprezzato dal pubblico europeo che da quello americano. Se da noi si diceva, giustamente, che i film di Alberto Sordi non arrivavano a Chiasso, perché la sua fama era tutta e solo italiana, i film di Woody Allen non incassano un dollaro nelle sale della grande provincia americana, dove le preferenze del pubblico sono per Rambo, Guerre Stellari e, a suo tempo, Apocalypse now.
Straniero in patria, si direbbe di Woody Allen a New York, se non fosse che lui nella sua bella casa con vista su Central Park ci vive benissimo. La mattina al lavoro nel suo ufficio da anni sistemato in una suite d’albergo, la sera a cena spesso in un ristorante italiano di cui apprezza soprattutto le mozzarelle, oppure a suonare il clarinetto con un gruppo di amici musicisti mediocri come lui. Mai a un gala cinematografico, mai a un festival, mai calpestato un red carpet. Quando, anni fa affrontò non senza panico una lunga tournée europea con la sua band della quale è primo e unico clarinetto con tappe a Parigi, Londra Milano, Roma, conseguì un successo personale come una pop star e fu il primo a meravigliarsene. Ma non vedeva l’ora di tornare a casa, a Manhattan. Aveva al seguito la fedele moglie coreana, ormai appesantita, lui che è magro come lo era a vent’anni, si lasciò sfuggire la battuta: “Non so se tanto entusiasmo è per me o curiosità per la moglie asiatica”. Il clarinetto è la sua passione, ne parla spesso, più di quanto riesci a strappargli sui suoi film, passati, presenti o futuri. Del resto, le occasioni per intervistare Woody Allen sono rare: non è quello che si dice un divo a disposizione del suo press-agent. Al contrario, le conferenze stampa sono per lui un supplizio.
Si dirà: che vita è questa di un grande del cinema che disdegna la mondanità? Vallo a capire. Eppure nella vita privata di pasticci ne ha combinati anche lui, lo schivo Woody. Ha sempre detto: mi piacciono le belle donne, però con Mia Farrow, che di guai gliene ha fatti passare parecchi, non ha mai messo su casa. Abita, la Mia, dall’altra parte di Central Park, se non fosse stato per gli alberi più alti si sarebbero potuti salutare dalla finestra. In casa si è messo, dopo averla sposata, la coreana Soon Yi non proprio una bellezza patinata. Eppure ci va ancora d’accordo e sono passati alcuni anni.
Non è facile andare d’accordo con Allen. A cominciare dal suo pessimismo cosmico, che mette in dubbio perfino l’esistenza di Dio, lui ebreo non praticante. Una delle sue tante contraddizioni: come quando fa dire a un suo personaggio ”Al mio psicanalista do ancora un anno di tempo, poi vado a Lourdes”.
Come passerà il giorno del suo compleanno? Una volta disse: “Dormendo. C’è poco da festeggiare”. Però aggiunse: “Mio padre è morto centenario, mia madre a 96 anni, io sto abbastanza bene in salute”. Come dire, possiamo ancora riparlarne, senza fretta. Del resto, l’anagrafe per lui non conta molto e spiega: “L’età dipende dall’imbarazzo che provi trovandoti improvvisamente nudo in mezzo a Manhattan”. Una postilla surreale, proprio alla Woody Allen, che rimanda il discorso a un futuro indecifrabile.