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Prostituzione minorile: vuoto educativo e sesso a pagamento. Un’emergenza trasversale

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Ultimo, in ordine di tempo, lo scandalo scoppiato pochi giorni fa nella cittadina campana di Avellino. Tre arresti per l’ordinanza di misura cautelare del Gip presso il Tribunale di Napoli, dietro richiesta della Procura Distrettuale di Napoli, con l’accusa di induzione e sfruttamento della prostituzione minorile, atti sessuali a pagamento e violazione della legge Merlin sulla prostituzione. Giovani ragazze, molte delle quali minorenni, dopo aver marinato la scuola si intrattenevano nel noto circolo ricreativo privato e sarebbero state indotte a consumare rapporti sessuali in cambio di denaro o altri benefit. Vicenda che richiama alla mente le altre, innumerevoli purtroppo, scoperte in varie città italiane. Tra le più clamorose quella nota come “dei Parioli” a Roma che ha coinvolti nomi molto noti.

Don Aniello Manganiello, il prete anti-camorra fondatore dell’associazione Ultimi, durante un incontro sulla legalità tenutosi in una cittadina alle porte del capoluogo ha parlato di una vera e propria «emergenza educativa». Del vuoto rimasto dopo il crollo dell’alleanza che legava «le varie agenzie educative: la famiglia, la scuola, la parrocchia con l’oratorio».

Ora lasciando pure da parte la religione, rimangono le perplessità sulle famiglie: «non è immaginabile che un genitore non si preoccupi di quello che fa il figlio fuori dagli orari di scuola. O se a scuola ci va o meno». Ma hanno veramente bisogno di quei soldi, guadagnati in quel modo? E per cosa? Sono vittime inconsapevoli di adescamento oppure razionalmente credono di portare avanti dei futuri progetti di facile guadagno? Cosa pensano davvero accettando di prostituirsi nell’illusione magari di intraprendere così la giusta strada per il loro riscatto sociale?

Per la ricarica del telefonino, per poche decine di euro o per molto di più, per emulazione… Le motivazioni che spaventano maggiormente sono quelle che tirano direttamente in ballo le famiglie, come reali mandanti delle “scelte” di questi giovani o perché pur di riuscire ad allontanarsene si mostrano disposti a tutto. Viene da chiedersi quanto in realtà sia profondo questo degrado morale e sociale prima che economico.

Secondo i dati forniti da Gruppo Abele, l’associazione fondata a Torino da don Luigi Ciotti, delle 120mila prostitute censite in Italia, 20mila non hanno compiuto diciotto anni, le più piccole hanno «l’età da terza media». 20mila “baby squillo” cercate da uomini adulti, presumibilmente in numero molto maggiore. Single forse ma anche mariti, padri, nonni…

A Ventimiglia sembra risultassero oltre 2mila contatti di clienti nei telefonini di due studentesse al primo anno delle superiori. A Cuneo una ragazza ha dichiarato agli inquirenti che fingeva di «avere 20 anni e mi hanno creduta. Meglio loro del coetaneo che poi mette le tue foto su internet» perché, a suo dire, loro, ovvero i clienti, sono «tutte bravissime persone che mi hanno sempre rispettata» e dato la possibilità di comprare «cose che altrimenti mi sarei sognata».

Stando a quanto dichiarato da Federico Bianchi di Castelbianco, psicoterapeuta dell’età evolutiva, all’agenzia di stampa nazionale Dire, «la prostituzione minorile è aumentata più del 500% negli ultimi 3 anni e coinvolge in egual misura maschi e femmine». Ragazzi che credono di compiere scelte con consapevolezza, determinate «dalla scissione che i giovani hanno impostato tra l’affettività e la sessualità», si sentono adulti e «scientemente, rispetto alla loro età, considerano l’atto sessuale come passeggero e poco significativo». E proprio mentre cercano di urlare al mondo intero il loro essere “adulti” dimostrano «l’incapacità di difendere il proprio corpo» e si mostrano «completamente inconsapevoli delle conseguenze psicologiche di ciò che fanno». Scelte estreme cui potrebbero seguire ulteriori trasgressioni per «cercare nella trasgressione seguente un modo per superare quella precedente» che in tanti dichiarano essere decisioni personali. Di sicuro tutte «un po’ larvate, perché dietro c’è sempre un adulto che con i suoi soldi foraggia suddetti comportamenti devianti».

Il problema dello sfruttamento della prostituzione minorile in Italia, purtroppo, è di dimensioni molto più ampie. Vanno considerati non solo i minori che affermano di essere consenzienti ma anche tutti coloro che non lo sono. Il Rapporto CRC 2015-2016 riportato sul sito del Gruppo di Lavoro per la Convenzione sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza, coordinato da Save The Children Italia, riporta i dati dell’indagine Eurostat 2015 secondo cui nell’Unione Europea il 14% del totale delle vittime di tratta per sfruttamento sessuale sono di minore età. Solo nell’anno 2015 si sarebbero perse le tracce di almeno 10mila minori, 5mila minori sarebbero scomparsi in Italia  e molti di loro sarebbero coinvolti nello sfruttamento sessuale.

Nel rapporto si sottolinea inoltre «l’assenza di campagne sistematiche di prevenzione, sensibilizzazione e informazione, di programmi formativi e campagne destinate agli adolescenti volte a promuovere una sessualità libera e autodeterminata» mentre, per contro, rimane «ancora diffusa l’erotizzazione precoce del corpo delle bambine nella comunicazione pubblicitaria». E così accade che la prostituzione dei minori italiani e stranieri si inserisce nel medesimo processo sociale di «normalizzazione della mercificazione dei corpi e della sessualità» che ha «radicalizzato stereotipi e pregiudizi discriminatori ai danni dei minori». Se da un lato «le bambine e le adolescenti italiane sono rappresentate come adolescenti avide, spregiudicate, senza valori, disposte a tutto per consumare di più», d’altro canto «rimangono occultate le dinamiche di potere e sopraffazione che sottendono al reclutamento delle minori, all’organizzazione dello sfruttamento sessuale e alla fruizione a pagamento del corpo delle stesse».


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