Dal Forum delle giornaliste del Mediterraneo di Bari l’appello di una giornalista maltese che lavorava con la cronista uccisa
“Non sappiamo chi ha ucciso Daphne Caruana Galizia. C’è una lista infinita di sospetti, da governi corrotti alla criminalità organizzata. Il vero tema ora è il crollo dello Stato di diritto a Malta. In questo momento abbiamo bisogno di tutto l’aiuto e di tutto il sostegno possibile, anche attraverso i social media. È importantissimo che i riflettori non si spengano sulla nostra Isola”, sottolinea la giornalista Caroline
Muscat, collega di Daphne, la giornalista uccisa lo scorso 16 ottobre a Malta, da una bomba che ha fatto saltare in aria la sua auto.
Caroline Muscat interviene al Forum delle Giornaliste del Mediterraneo in corso a Bari ed evidenzia che la sua collega indagava “su molte cose”, il che faceva di lei una “giornalista temuta,
resiliente e inarrestabile”.
“È passato un mese dal suo assassinio – spiega – e si brancola nel buio. La polizia non dà assolutamente informazioni sull’inchiesta, i cittadini si sono riversati molte volte per le strade chiedendo verità, ma nulla è stato detto”.
“Per il governo – sottolinea – la situazione è normale. E anche durante i dibattiti parlamentari sullo Stato di diritto, sulla richiesta di fare inchieste più approfondite sui nomi dei ministri citati nei ‘Panama papers‘, non viene data nessuna informazione. Nulla è cambiato”.
“Da noi – riferisce Caroline Muscat – i media sono quasi tutti politicizzati. Sono pochissime le voci indipendenti e sui social network c’è una grande aggressione a queste voci, il cui operato viene stigmatizzato”. Dopo la morte di Daphne, prosegue, “siamo scesi in campo venti persone, tra amici, parenti e colleghi. E ci siamo messi a lavorare insieme per scrivere un libro di prossima pubblicazione, Invicta. Sarà tradotto anche in italiano”.
“Io e altri due giornalisti indipendenti – conclude Caroline Muscat- abbiamo realizzato piattaforma online che si chiama theshiftnews, in cui parliamo del giornalismo di inchiesta e dell’impatto che la società civile può avere sul nostro lavoro”. (ANSA).
ASP