L’attacco contro la moschea sufi nel Sinai egiziano e’ la strage piu’ grave dal 2011, quando cadde il regime di Mubarak. Un attacco che sebbene non sia stato ancora rivendicato ufficialmente, per le modalita’ e la scelta dell’obiettivo porta di fatto la firma di quella costola del cosiddetto Stato Islamico ben radicato tra le montagne e le grandi vallate, i wadi, della penisola egiziana. Inizialmente erano piccoli gruppi di miliziani che tra i beduini hanno trovato il loro rifugio, per poi crescere in qualcosa di piu’ strutturato.
Diversi i nomi. Beit al Maqdis, nel 2011, affiliato ad Al Qaeda. Poi Vilayat Sinai, la “provincia del Sinai”, nel 2014, che si e’ dichiarata fedele all’ISIS.
Quanti siano esattamente non si sa, si parla di alcune migliaia. E ora che l’ISIS e’ stato costretto a battere in ritirata dalla Siria e dall’Iraq, non si esclude che proprio in questa parte dell’Egitto, non controllata dalle forze di sicurezza del Cairo, possano trovare rifugio molti combattenti fuggiti da altri fronti. La comunita’ Sufi gia’ da tempo era nel mirino, con attacchi prima contro i loro santuari poi contro il loro piu’ alti rappresentati. Una comunita’ da sempre contro la radicalizzazione dell’Islam voluta dai gruppi terroristici e per questo da colpire. Sufi nel mirino come gia’ lo sono da tempo i cristiani copti. Senza dimenticare gli attacchi sanguinosi contro le forze di polizia e dell’esercito.
Il presidente egiziano Al Sisi che controlla il paese attraverso una politica repressiva, ha giurato vendetta ed ha avviato l’ennesima campagna militare contro postazioni jihadiste. Ma il Sinai resta il suo tallone di Achille. Dalla sua salita al potere nel 2013 difficile tenere il conto degli attentati contro le forze di sicurezza
Chi ha visto al Cairo la dura repressione dei sostenitori del deposto presidente Morsi, leader dei Fratelli Musulmani nel 2013 sa che quanto sta accadendo oggi in Egitto e’ anche l’effetto proprio di questa sua politica.
Da quattro anni, in nome della guerra al terrorismo, si autorizzano arresti sommari e sequestri. Tra gli oppositori di quello che a tutti gli effetti e’ diventato un regime piu’ duro di quanto non fosse ai tempi di Mubarak si contano migliaia di sparizioni. E l’attacco di ieri rischia di non avere come unica risposta attacchi mirati contro postazioni terroristiche nel Sinai da parte dell’aviazione egiziana, ma anche un’ulteriore stretta nei confronti di qualsiasi voce del dissenso