“Mi chiamo Roberto Di Matteo ma sul web il mio nome di battaglia è Bobomatto. Figlio della crisi ho studiato per essere un regista ma, grazie a “Il Giornale” e a “Gli occhi della Guerra”, sono riuscito a reinventarmi giornalista”.
Si presenta così sul suo blog Roberto Di Matteo, il giornalista italiano fermato venerdì sera in Venezuela insieme ad altri due colleghi, lo svizzero Filippo Rossi e il venezuelano Jesus Médina mentre tentavano di entrare in un carcere nello Stato di Aragua per realizzare un’inchiesta.
“Mio figlio sta bene, è sereno e tranquillo. Sono in contatto con la Farnesina che oltre a informarmi costantemente, mi ha rassicurato che per ora la situazione è sotto controllo” ci ha raccontato Antonio Di Matteo, padre di Roberto, da noi raggiunto telefonicamente, il quale ha anche confermato che questa sera è prevista l’udienza davanti al giudice che dovrà esprimersi sul suo caso.
“Mi auguro che a breve ci arrivino buone notizie e che non servano altre iniziative per la liberazione di Roberto”.
Per il giornalista italiano e gli altri due cronisti fermati Articolo 21 e la Federazione nazionale della stampa hanno chiesto l’immediata scarcerazione. A diffondere la notizia è stato il sindacato nazionale dei giornalisti locale, l’Sntp.
La Guardia Nazionale Bolivariana ha contestato ai tre fermati di aver introdotto senza autorizzazione attrezzature per le riprese all’interno del penitenziario.
Il carcere di Tocoron è tristemente noto in Venezuela per i suoi ripetuti episodi di violenza e diversi altri crimini.
Oggi il giornalista barese originario di Sannicandro, piccolo paesino situato nella Murgia, ha ricevuto la visita di un avvocato e un addetto del Consolato a Caracas.
Padre di un bimbo, un altro figlio in arrivo, Roberto attende fiducioso le decisioni delle autorità giudiziarie.
Sul suo arresto si erano espressi, appena presa la notizia, Raffaele Lorusso e Giuseppe Giulietti, segretario generale e presidente della Fnsi ricordando che da tempo le organizzazioni sindacali in Venezuela e la Federazione internazionale dei giornalisti, avevano lanciato l’allarme sull’impossibilità di esercitare liberamente la professione giornalistica nel paese.
Il Venezuela è in fondo a tutte le classifiche internazionali sulla libertà di stampa, anche se le denunce fino ad oggi non hanno sempre trovato un seguito e un risalto adeguati.
Chiunque tenti di raccontare la repressione messa in atto dal regime è a rischio.
La Sociedad Interamericana de Prensa (SIP) ha stimato che l’anno scorso le intimidazioni e gli arresti arbitrari contro i giornalisti sono aumentate in modo esponenziale.
Il Colegio Nacional de Periodistas ha denunciato un’ondata di attacchi contro i cronisti in particolare mentre coprivano le proteste dell’opposizione anti-chavista, tra aprile e luglio di quest’anno.
Per affiancare i colleghi venezuelani Articolo 21 e Fnsi richiamano alla mobilitazione tutte le organizzazioni internazionali della stampa per far cessare le intimidazioni e gli arresti di giornalisti da parte del governo del presidente Nicolas Maduro “impegnato a rimuovere con ogni mezzo non soltanto qualsiasi forma di dissenso, ma anche ogni iniziativa tesa a informare l’opinione pubblica interna e internazionale sulle condizioni in cui versa il Paese” ribadiscono Lorusso e Giulietti.
Attendiamo dunque in serata, alle 11 ora venezuelana, l’udienza dinanzi alla magistratura locale per Di Matteo, Rossi e Medina su cui speriamo di aggiornarvi con buone notizie.