È stata un’udienza lunga, con numerosi testimoni e la formulazione di nuove accuse nei confronti degli imputati del processo Cumhuriyet. Nell’aula del tribunale di Çağlayan a Istanbul si è consumata l’ennesima parodia della giustizia turca, con prove che non corrispondono alle imputazioni e un accanimento incomprensibile contro dei semplici operatori dell’informazione. Sin dal primo momento a essere sotto accusa non erano solo i redattori, i collaboratori e i vertici editoriali dello storico quotidiano di opposizione ma tutto il giornalismo libero.
In 17, tra dirigenti e giornalisti, attuali o ex dipendenti, sono accusati di “attività terroristiche” e rischiano dagli 8 ai 43 anni di carcere.
Quattro di loro sono ancora in prigione, il direttore Murat Sabuncu, il redattore Ahmet Sık, che oggi ha potuto riabbracciare moglie e figlia, l’editore Akın Atalay e l’editorialista Emre Iper.
Poco prima dell’inizio dell’udienza, numerosi sostenitori di Cumhuriyet si sono riuniti davanti al tribunale per chiedere la libertà degli imputati intonando: “Basta alla caccia all’opposizione, stop all’arresto dei giornalisti”.
Nello stesso palazzo di giustizia, poco prima dell’inizio del processo ai colleghi del giornale di opposizione era ripreso anche il procedimento a carico della scrittrice Asli Erdogan, accusata di “propaganda terrorista” in favore della ribellione curda del PKK. Rischia il carcere a vita.
Il suo arresto e la sua detenzione, durata 132 giorni, hanno suscitato un’ondata di indignazione in Turchia e in Occidente.
I giudici, nell’ambito dello stesso processo, hanno ordinato la scarcerazione degli ultimi due imputati ancora in carcere. Özgür Gündem, editore del giornale Kemal Sancılı e il caporedattore di İnan Kızılkaya.
L’udienza di oggi del procedimenticato a una parte della redazione e degli amministratori di Cumhuriyet, durata quasi dieci ore, si è invece conclusa con la conferma della detenzione per i quatto imputati.
Per gli altri 13 le misure cautelari erano state revocata al termine delle precedenti sedute dibattimentali.
Numerosi gli osservatori internazionali delle associazioni di giornalisti presenti al processo per sostenere i colleghi turchi come, sin dal loro arresto, continuerà a fare Articolo 21 con la campagna “nobavagliorurco.