Quattro schermi, audio sincronizzato. Aziz inizia a parlare e intorno si muove il mondo dove vive, da solo, ad 8 anni, la Belgrado abbandonata della vecchia stazione centrale. Meno venticinque gradi. Cambio scena. Un filo di fuoco attraversa gli schermi, appaiono due occhi dietro le sbarre. Jon ha 15 anni e viene dalla Nigeria. Racconta le torture che subisce nel centro di detenzione vicino Tripoli, Libia, dove è rinchiuso da otto mesi. Le immagini si muovono in perfetta sincronia e ci portano dentro quell’inferno.
Cambio scena. Immagini di un relitto in fondo al mare. I pesci entrano nella cabina di comando, nuotano intorno a quello che resta del relitto che si è capovolto ed è naufragato a mezzo miglio da Lampedusa quattro anni fa, quattro anni esatti. Stavolta la storia è quella di Esrom che di anni ne aveva 5 e quello che rimane di lui è la sua macchinetta rossa incrostata di sabbia.
Le storie dei bambini sono al centro della mostra che viene inaugurata il 3 ottobre alla Camera dei Deputati, complesso di Vicolo Valdina. Storie di viaggio e di speranza, raccontate con due installazioni progettate dagli straordinari video artisti di Studio Azzurro, sulla base dei reportage che io e Francesca Mannocchi abbiamo realizzato in questi ultimi anni sui confini d’Europa. La Libia, la Serbia, il Mediterraneo, il Libano, la Turchia. Storie di bambini dai confini di questo continente sempre meno accessibile, sempre più pericoloso da raggiungere, attraversato da linee invisibili che segnano le rotte di chi cerca disperatamente di riuscire a superare il filo spinato e a riposarsi e finalmente cominciare a vivere.
Partiamo da Lampedusa, con gli oggetti dei naufraghi, con la macchinetta rossa del piccolo Esrom e iniziamo un viaggio immersivo che racconta storie di draghi e di kalashnikov, di sogni e di paesaggi sabbiosi dove si respira polvere da sparo o si vive immersi nel fango immobile di un campo rifugiati, o ancora sotto la lamiera bollente di un centro di detenzione. Storie invisibili dai margini del mondo che conosciamo, nel quale Lampedusa non è più al centro e non è più motore.
Le storie sono affidate alle voci generose di Francesco Pannofino, Caterina Guzzanti, Roberto Herlitzka, Galatea Ranzi, Francesco Venditti. Con il contributo di Andrea Iacomini e Giusi Nicolini.
Il progetto è dell’associazione Museomigrante, con Unicef.
Abbiamo scelto di fare un viaggio che andasse oltre l’isola al centro del Mediterraneo perché quattro anni dopo quel naufragio il mondo non è più come era allora. Oggi si fanno accordi con i dittatori del corno d’Africa da cui i migranti scappano, si stringono alleanze con le bande libiche che gestiscono il traffico di uomini. Il solo obiettivo è fermare i migranti, anche se i numeri dicono che non c’è nessuna invasione.
La mostra è una esperienza, una immersione in una dimensione non conosciamo anche se è proprio dietro l’angolo. Arte e giornalismo si uniscono per ricercare un linguaggio nuovo, capace di andare oltre il banale per costringere chi guarda a prendere coscienza e a porsi domande.