E’ brutto solo pensarlo e peggio a dirlo ma di fronte alla cruda essenzialità dei fatti bisogna ammetterlo. Ci sono stragi di serie A, B, C…. La notizia di oltre 300 morti nella ecatombe causata sabato 14 ottobre da due camion bomba a Mogadiscio non ha trovato adeguato spazio sulla stampa e sui mezzi di comunicazione così come ci si poteva aspettare. E’ uno degli attentati più gravi al mondo portato a termine da terroristi islamisti negli ultimi tempi: inoltre quasi sempre queste stragi costituiscono la prova generale di analoghe imprese da esportare fuori dai confini nazionali.
Quini sapremo poco o nulla anche di quei 15 bambini letteralmente cancellati dall’esplosione mentre viaggiavano a bordo di uno scuola bus che li riportava a casa. Le antenne (mentali e televisive) sono pronte ad entrare immediatamente in funzione se a Marsiglia due persone sono accoltellate in strada, se a Londra o Parigi un’auto desta sospetti ma gli oltre 300 morti di Mogadiscio possono attendere.
Sicuramente a Marsiglia, Londra o Parigi ciascuno di noi ha un figlio, un amico, un conoscente in viaggio e subito scatta la preoccupazione di saperne di più. Ma è molto più difficile che possiamo avere una persona di cui preoccuparci a Mogadiscio.
Questo però non è sufficiente a spegnere la luce su una crisi dimenticata come quella della Somalia sconvolta da 26 anni di guerra civile. Dovremo innanzitutto capite che le vittime dei terroristi islamisti sono proprio i musulmani innocenti, così come avviene nella Nigeria nord orientale. E magari potremmo aiutarli meglio e di più perché come sostiene il missionario-giornalista Giulio Albanese la prima forma di solidarietà è l’informazione.