“Secondo lei il governo Fanfani è di destra o di sinistra?” “Dipende dai giorni”. Questo era Beppe Viola e questa risposta fornita nel ’62 a Biagi, durante il colloquio che gli valse l’assunzione in RAI, lo descrive alla perfezione.
Quelli che… il coraggio di intervistare Rivera in autobus, unendo competenza e buongusto, garbo ed eleganza, rispetto per un campione e capacità giornalistica di incalzarlo.
Quelli che… la Milano di Gaber e Jannacci, di Mazzola e Rivera, del Derby, di Strehler, della Comune e di Herrera e Rocco.
Quelli che… di quella Milano avevano assimilato tutti gli elementi migliori, compresa la rivalità a tratti pittoresca fra Rocco ed Herrera.
Quelli che… il servizio pubblico, la sua dignità e i suoi valori.
Quelli che… la gentilezza e la capacità di entrare sempre in punta di piedi nelle case degli italiani.
Quelli che… i duetti con Gianni Brera in una Domenica Sportiva d’altri tempi, quando il calcio era poesia e la domenica una liturgia laica colma di bellezza e degna di un grande romanzo popolare.
Quelli che… l’epica dello sport dal sapore antico, i suoi protagonisti e i suoi miti, descritti alla perfezione da penne acute e quasi mai inclini alla piaggeria.
Quelli che… non erano affatto tutte rose e fiori ma non costava poi tanto essere persone perbene.
Quelli che… quel maledetto ictus che ti ha stroncato a soli quarantadue anni, mentre il mondo stava cambiando in peggio e tu avresti potuto costituire un piccolo ma significativo baluardo contro la barbarie.
Era il 17 ottobre 1982, trentacinque anni fa, e qui abbiamo voluto ricordare Beppe Viola alla sua maniera: con scanzonata ironia, con leggerezza, con quella ventata di novità che seppe introdurre nel giornalismo sportivo e nel racconto della società in generale.
Un commosso omaggio alla mitezza di un idealista purtroppo costretto ad arrendersi.