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Obiettivo fame zero entro il 2030: ecco nove raccomandazioni strategiche

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Più democrazia e partecipazione nei processi decisionali che riguardano l’agricoltura, i commerci e i rapporti tra i paesi. Nel rapporto sull’Indice globale della Fame di Cesvi, i punti salienti di una road map per ridurre le disuguaglianze e rendere realistico l’obiettivo delle Nazioni Unite della fame zero entro il 2030

MILANO – Se fame e disugualianze sono strettamente connesse, chi ne è responsabile e come si può uscirne? Nel rapporto sull’Indice globale della fame di Cesvi, la ricercatrice Naomi Hossein, dell’Institute of Development Studies, sottolinea come “la distribuzione irregolare della fame e della malnutrizione affonda le radici nella disparità sociale, politica ed economica”. È nella gestione del potere economico e politico che va ricercata la causa della fame. “Il potere coinvolge più attori -scrive-: le aziende agroalimentari che, attraverso concentrazioni di capitale e quote di mercato, incidono sul prezzo degli alimenti e dei fattori di produzione alimentari, nonché sulla loro offerta o qualità; gli uffici governativi, le organizzazioni internazionali e i partenariati pubblico-privati che possono influenzare, attuare o bloccare le politiche alimentari e indirizzare i dibattiti e mobilitare l’opinione pubblica; i singoli individui che effettuano scelte relative alle spese e all’alimentazione familiari”. Il Rapporto contiene anche nove raccomandazioni strategiche per combattere disuguaglianze e fame.

Innanzitutto è necessario “Promuovere una governance democratica dei sistemi alimentari nazionali”: i governi devono includere attivamente nei processi decisionali i gruppi sottorappresentati, come gli agricoltori di piccola scala. Inoltre bisogna “Ampliare la partecipazione ai dibattiti Internazionali sulle politiche alimentari: vale a dire, “garantire una partecipazione più significativa dei movimenti popolari e delle organizzazioni della società civile in ogni parte del mondo”. Terza raccomandazione, “Garantire diritti e spazi per la società civile”: parte integrante di questo processo è la libertà di riunione e associazione, che include il diritto alla protesta pacifica e all’informazione. Quarta raccomandazione: “Proteggere i cittadini e garantire norme in materia di affari e commercio”: i governi dovrebbero creare e applicare dei quadri normativi per proteggere i cittadini, in particolare i più vulnerabili, dagli effetti negativi degli accordi in materia di commercio internazionale e agricoltura, nonché dalle azioni delle imprese private che mettono in pericolo la sovranità e la sicurezza alimentare e nutrizionale dei cittadini. “Analizzare il potere per migliorare le politiche”: è la quinta raccomandazione, nella quale si sottolinea che “per allineare gli sforzi nella lotta contro la fame mondiale, è necessario incentrare l’analisi sulle politiche commerciali, fondiarie, agricole, nonché su qualsiasi altro processo decisionale con effetti sia visibili che invisibili sulla sicurezza alimentare e nutrizionale”. Occorre poi “aumentare il supporto ai piccoli produttori alimentari”, “Promuovere l’uguaglianza attraverso educazione e sicurezza Sociale”, “Mettere in luce le responsabilità dei governi attraverso dati puntuali”, “monitorare i progressi verso l’Obiettivo Fame Zero” e, infine, “Investire sugli obiettivi di sviluppo sostenibile e su chi è rimasto indietro”. (dp)

Da redattoresociale


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