Sono Giovanni Longo e Massimiliano Scagliarini i due cronisti della “Gazzetta del Mezzogiorno”, indagati dalla Procura di Bari per rivelazione di segreto di Stato a seguito della pubblicazione degli articoli sul commissariamento per mafia del Comune di Valenzano. L’avviso di garanzia notificato dalla Direzione distrettuale antimafia con il procuratore aggiunto Francesco Giannella, di fatto si sostanzia di questo: i due giornalisti “ottenevano (e pubblicavano in più occasioni sul quotidiano ‘La Gazzetta del Mezzogiorno’) il contenuto degli atti allegati e posti a fondamento del decreto del Ministro dell’Interno con cui veniva disposto lo scioglimento del Consiglio comunale di Valenzano, atti classificati come ‘riservati’, dei quali, dunque, era vietata la divulgazione”
Ma veniamo ai fatti ricordando Peppino Impastato : « Mio padre, la mia famiglia, il mio paese! Io voglio fottermene! Io voglio scrivere che la mafia è una montagna di merda! Io voglio urlare che mio padre è un leccaculo! Noi ci dobbiamo ribellare. Prima che sia troppo tardi! Prima di abituarci alle loro facce! Prima di non accorgerci più di niente! »
Un anno fa veniva sciolto il Comune di Valenzano. Tutto nasce dalla festa patronale e dalla mongolfiera pagata da un clan. A chiedere l’ intervento del Viminale fu Dario Ginefra, deputato pd. Il sindaco dichiarò “In questo paese la mafia non esiste”.
Dal suo profilo di un social network si legge: Venti passi. Sono quelli che bastano a misurare la distanza che separa il palazzo municipale di Valenzano da un particolare edificio. Parlo del locale di via Brunelleschi, finito, insieme a tante altre presunte irregolarità e a una serie impressionante di distorsioni, sotto la lente di ingrandimento della commissione prefettizia che ha elaborato la relazione che ha avuto come esito lo scioglimento del Consiglio Comunale di Valenzano per infiltrazioni mafiose.
Quel locale è stato confiscato alla criminalità mafiosa. Non solo. La Giunta Comunale, con apposita Delibera, ha prodotto manifestazione di interesse all’Agenzia Nazionale per l’Amministrazione e la Destinazione dei Beni sequestrati alla Criminalità, per attivare l’iter relativo alla sua assegnazione. Eppure la sede è tuttora utilizzata da parte di chi sembra non avere alcun titolo per stare là. E, allo stato attuale, non si capisce come abbia potuto determinarsi questa situazione anomala. Possibile che nessuno abbia mai trovato l’interesse, la voglia, la determinazione necessari a percorrere quei venti passi? Possibile che nessuno abbia voluto sanare quella frattura? Una frattura che evidentemente non è solo spaziale, ma è prima di tutto civile. Perché isola dal resto del territorio quei principi di correttezza, trasparenza ed equità che, in teoria, dovrebbero presidiare il palazzo delle istituzioni. Il risultato sembra essere quello della sistematica occupazione degli spazi urbani da parte di logiche deteriori: logiche che pretendono di sostituire, alla certezza del diritto, la protervia dell’abuso, della prevaricazione, della costante e ripetuta infrazione delle regole.
E così, non solo nessuno ha fatto caso a quello che avveniva nel locale di Via Brunelleschi, ma nessuno, a quanto pare, si sarebbe accorto del mercatino delle pulci che risulterebbe sprovvisto di permessi e di autorizzazioni e che ha luogo su un terreno di proprietà di un noto pregiudicato. E nessuno ha posto attenzione a un fast food che sarebbe sorto abusivamente nei pressi del cimitero. La sensazione è che chi, in teoria, su Valenzano aveva l’autorità e le competenze per svolgere la funzione di controllo del territorio fosse perlomeno distratto.
Voglio augurarmi, ovviamente, che non si sia trattato di distrazione, ma delle comprensibili esigenze di riservatezza collegate agli approfondimenti volti a monitorare determinate situazioni ed eventualmente a portare alla luce ulteriori possibili risvolti di natura penale.
Sta di fatto che l’episodio della mongolfiera, che tanto scalpore ha destato l’anno scorso, ha marcato una sorta di spartiacque simbolico. In primo luogo, per via del fatto che, se ho potuto svolgere l’interrogazione che ho presentato al Ministro dell’Interno, ciò è stato grazie alla segnalazione di alcuni cittadini che hanno ritenuto che non era più il tempo delle reticenze. E poi perché, dopo quel lancio e dopo il clamore che ne è seguito, nessuno ha più potuto far finta di niente. Nessuno ha potuto sostenere di non sapere o di non aver visto.
E così, da una parte ci sono stati ampi settori di politica, di società civile, di mondo delle associazioni, dei movimenti e del volontariato che hanno evidenziato la necessità di reagire e di respingere certe dinamiche disgreganti. Dall’altra parte abbiamo dovuto assistere al degradante spettacolo messo in scena da un ceto politico, che ha preteso di dare una rappresentazione meramente folkloristica di certi fenomeni. Al di là di ogni possibile considerazione di carattere giudiziario, che non compete a me, sono stati questi tentativi riduzionistici e banalizzanti a segnare uno dei punti più bassi del confronto civile e politico, su scala locale, regionale e nazionale.
Bisogna dare atto a La Gazzetta del Mezzogiorno che, anche laddove ha attuato modi di fare inchiesta e informazione che non mi hanno visto d’accordo, mi riferisco in particolare alla pubblicazione di un intervento del sig. Buscemi all’indomani della mia interrogazione sulla famosa mongolfiera, ha sempre avuto la capacità di tenere accesi i riflettori su questa vicenda. E ci tengo a ringraziare il direttore del quotidiano e i suoi giornalisti per la tenacia con cui è stata svolta questa vera e propria missione civica.
Questo impegno è emerso anche dagli articoli pubblicati in questi ultimi giorni: articoli che sono costati l’apertura di un’inchiesta a carico dei due giornalisti che hanno focalizzato le vicende valenzanesi. Ho sempre nutrito rispetto e fiducia nei confronti del lavoro della magistratura e posso comprendere le ragioni di segretezza collegate a quella che può essere un’attività di indagine su fenomeni di tale natura e tale portata. In merito a questa vicenda, mi limito a riportarmi al comunicato dell’Ordine dei Giornalisti e dell’Assostampa, là dove rileva come “a fondamento del lavoro giornalistico vi sia il dettato costituzionale per cui la stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”. Dario Ginefra infine invita a colmarli insieme quei 20 passi. VENTI PASSI chiede Dario Ginefra
Da Assostampa e Ordine arriva un chiaro no a censure.
«Il lavoro del giornalista consiste nel divulgare notizie e davanti a questo obbligo previsto dalla legge professionale non può avere segreti».
Questo è ciò che dichiarano il presidente dell’Ordine dei giornalisti della Puglia, Piero Ricci, e il presidente di Assostampa Puglia, Giuseppe Martellotta, in relazione all’informazione di garanzia notificata ai giornalisti. La nota prosegue affermando che «Pur nel rispetto del lavoro d’indagine della magistratura Ordine dei giornalisti e Assostampa rilevano come a fondamento del lavoro giornalistico via sia il dettato costituzionale per cui la stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure».
No a bavagli. No a censure. E la mafia…resta una immensa montagna di merda da sconfiggere in tutte le forme.