C’è una tragedia di cui nessuno parla (e di cui anche gli studiosi di storia non hanno hanno parlato quasi mai) che riguarda i giovani italiani arruolati in servizio di leva (ma molti sono rimasti anche dopo di essa, non trovando posto nella vita civile) e che si sono ammalati a causa dell’amianto sparso sulle navi della nostra marina. Sono quasi trecento navi e sommergibili stilata dalla Procura della repubblica di Padova.
E i ministri della Difesa non hanno mai illustrato le spese compiute dal parlamento per compiere gli interventi, nella maggioranza dei casi parziali e non risolutivi,che sono stati compiuti senza nessuna possibilità di compierlo in tutte le navi e in maniera completa.
Gli ammalati e i defunti identificati con patologie correlate ad esposizione a fibre di amianto sono stati 563. E il 77 per cento risultano deceduti una percentuale che sale al 92-93% per il mesotelioma. Il professor Armando Soffritti, direttore dell’Istituto di Oncologia e di Scienze ambientali, stima in dieci su 100mila unità il tasso di mesotalioma nella Marina militare italiana.
Per trovare queste cifre impressionanti che né la nostra Marina né i grandi editori hanno mai reso noto all’opinione pubblica dei non addetti ai lavori è necessario trovare il libro di due giornalisti, Lino Lava e Giuseppe Pietrobelli, pubblicato da un piccolo editore come Oltre edizioni a Milano, che in 247 pagine e con il modico costo di sedici euro, fornisce tutte le notizie necessarie per ricostruire la tragedia di centinaia di giovani che hanno trovato la morte proprio nell’esercito di cui hanno fatto parte per non sfuggire a un dovere fondamentale fissato dalla nostra Costituzione.