Obiettivo è monitorare e denunciare gli abusi nei confronti dei singoli soggetti e delle organizzazioni umanitarie che aiutano i migranti e i rifugiati. Tra i promotori Amnesty International, Medici senza frontiere e Arci. Nuovo strumento della Carta di Milano, documento lanciato il 20 maggio 2017 durante la manifestazione “Insieme senza muri”
ROMA – Li chiamano “reati di solidarietà”: sono le azioni di aiuto o di disobbedienza civile compiute a favore di migranti e rifugiati, considerate atti di favoreggiamento dell’immigrazione irregolare. E’ il caso di Cedric Herrou, il contadino francese che nella valle della Roya, ha accolto centinaia di transitanti al confine tra Italia e Francia. O di Lisa Bosia Mirra, la deputata del Canton Ticino accusata di aver fatto passare da Como alla Svizzera 35 persone, tra cui alcuni minori non accompagnati. Ci sono poi le attività delle ong nel salvataggio in mare finite negli ultimi mesi nel mirino della magistratura e di una campagna mediatica che molti hanno definito di vera e propria criminalizzazione. Proprio per rispondere alle accuse e tutelare l’onorabilità, la libertà e i diritti della società civile in tutte le sue espressioni umanitarie, è nata la Carta di Milano. Un documento lanciato il 20 maggio 2017 durante la manifestazione “Insieme senza muri”, che oggi si arricchisce di un nuovo strumento di monitoraggio, l’Osservatorio sulla criminalizzazione della società civile.
Obiettivo dell’Osservatorio, di cui fanno parte anche realtà come Medici senza frontiere, Amnesty International e Arci, è quello di operare come strumento per connettere le realtà delle Ong e della società civile solidale, a livello nazionale ed europeo, monitorando e denunciando gli abusi nei confronti delle organizzazioni, degli attivisti e dei cittadini solidali.“Ci proponiamo di dare sostegno legale, individuando pratiche di auto-aiuto, a chi viene colpito da provvedimenti vessatori, infamanti e discriminatori, e di articolare una contro-narrativa mediatica che mostri quanto di straordinario producono le Ong e i cittadini solidali, spesso riparando alle mancanze, quando non agli abusi, delle istituzioni” sottolineano i promotori. L’Osservatorio, operativo fin dal giorno della sua costituzione, si è strutturato in due gruppi di lavoro: il primo impegnato sui temi della comunicazione, il secondo nel sostegno e nella difesa degli attivisti incriminati per atti di solidarietà e nella promozione a livello europeo e nazionale di misure legislative e normative. Del primo gruppo faranno parte professionisti della comunicazione – giornalisti, registi, documentaristi, vignettisti, blogger – che si rivolgeranno a giornalisti e media nazionali, locali ed esteri, con cui sono o entreranno in contatto. Del secondo gruppo faranno parte avvocati, giuristi e attivisti che si impegneranno nella difesa di Ong e cittadini solidali, e in un’opera di lobbying nei confronti delle istituzioni nazionali ed europee.
Tra gli impegni principali c’è quello di costituire una rete di attivisti a livello italiano ed europeo in grado di scambiarsi informazioni, darsi mutuo sostegno e far valere la propria voce a livello mediatico, giuridico e istituzionale; individuare e denunciare i tentativi messi in atto per infangare e contrastare le iniziative solidali; connettere i professionisti e gli attivisti impegnati nella comunicazione così da fornire a giornalisti e media un’informazione puntuale che contrasti la criminalizzazione della solidarietà e degli attivisti umanitari; raccogliere un archivio delle buone pratiche in corso e della giurisprudenza sul tema in Italia e in Europa. Inoltre si cercherà di rendere più stretto e operativo il rapporto con le Ong degli altri Paesi europei. “Siamo testimoni di un passaggio di soglia di portata storica, in cui ci è dato vedere quanto sia fragile la tenuta dello stato di diritto e quanto sia ormai possibile, per i cittadini democratici, per le “brave persone”, nominare ciò che – lungamente covato e alimentato – era rimasto finora innominabile: i migranti, resi categoria, minaccia, capro espiatorio, possono morire in mare, nel deserto o nei centri libici, possono essere schiacciati dai camion e dai treni nei luoghi di frontiera, possono essere resi schiavi, possono dormire in strada, sul greto di un fiume, essere scacciati, cancellati nella loro individualità umana, per diventare generici “invasori”, incolpati di ogni crimine. Tutto questo sta diventando un dato di fatto che non ci chiama più in causa come corpo sociale. A chi cerca di attraversare una frontiera, per ricongiungersi alla famiglia o cercare una possibilità di esistenza, non è concesso dare aiuto – cibo, informazioni, un passaggio in macchina – pena l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e la violazione di ordinanze che non molto tempo fa sarebbero apparse intollerabili alla grande maggioranza degli italiani”.
L’Osservatorio ha deciso di riconvocarsi entro la fine del mese di novembre, dopo aver articolato una struttura iniziale e provvisoria che possa distribuire il lavoro in base alle risorse di tempo e di impegno dei sottoscrittori, accogliendo le nuove adesioni e individuando tutti i nuovi canali attivabili per coinvolgere nell’iniziativa la più ampia platea di cittadini, attivisti, organizzazioni, istituzioni e organi di vario genere, uniti dalla convinzione che sia necessario e urgente porre un argine alla criminalizzazione della società civile.