Lasciato l’aeroporto di N’djili in direzione della ville, ci si catapulta nel traffico caotico e impossibile di una città senza regole e uno smog terribile ti prende subito alla gola. È un mix fra scarichi nerastri di una massa inverosimile di veicoli diesel scassati, fumanti roghi di immondizie abbandonate in ogni angolo e rumorosi sbuffi di nafta bruciata proveniente dai numerosi generatori elettrici. Alla classica tosse da inquinamento e infiammazione delle mucose nasali di Kin si aggiunge il cerchio e l’intorpidimento alla testa che accompagna le tre, quattro o anche più ore necessarie a percorrere i 30 chilometri sufficienti per attraversare la più grande città francofona al mondo sulla RN1, l’unica strada che collega il Bandundu alla provincia del Bas-Congo e quindi al porto di Matadi.
Su un recente articolo di Le Monde, si definisce Kinshasa come “una megalopoli insaziabile”, “grande cento volte Parigi” e la cui crescita è ormai fuori controllo. Nessuno può davvero affermare di conoscere il numero di persone che vivono in quella che, quando erano ancora presenti i colonizzatori belgi, veniva chiamata Leopoldville. C’è chi dice siano 12 milioni, chi 15 milioni e chi addirittura 20 milioni, rispetto ai 2,6 milioni dell’ultimo censimento ufficiale effettuato nel 1984.
Arsène Ijambo, della Société des architectes du Congo, testimonia l’esodo di famiglie – stimate in 60.000 all’anno – che lasciano le loro regioni di provenienza per cercare fortuna nella capitale. Sempre secondo l’articolo di Le Monde, gli esperti prevedono che Kinshasa raggiungerà i 30 milioni entro il 2050, il tutto in una città dove le bidonville, che possono raggiungere una densità di abitanti pari a 100.000 persone per chilometro quadrato, sono i tre quarti della superficie urbana.
In questa città infernale e sempre più fuori controllo, dove si moltiplicano i problemi, le carenze, ma anche… Continua su vociglobali