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Impegno armato e petrolio, la forza dei curdi indipendentisti

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I curdi, 30 milioni di persone dislocate su cinque Paesi – secondo dati della Cia del 2014, – il 18 per cento in Turchia, il 17.5 in Iraq, il 10 in Iran, il 9.7 in Siria, e due milioni di diaspora in Europa, nutrono aspirazioni di sovranità dalla fine della Prima guerra mondiale, quando lo smembramento dell’impero ottomano determinò l’assetto del Medio Oriente.  La possibilità di un’autonomia curda nell’Anatolia orientale fu prima ventilata e poi accantonata da poteri antagonisti nel corso delle negoziazioni risultate nel Trattato di Sèvres del 1920.

Da allora l’identità curda è stata negata e perseguitata da agende autoritarie ed etno-centriche. Ricordiamo la deprivazione dei diritti civili e le deportazioni di Hafez al-Assad e del figlio Bashar, in Siria, dagli anni Settanta; le esecuzioni di massa di Khomeini e gli odierni atti di brutalità in Iran; le campagne di “arabizzazione” e i raid chimici di Saddam Hussein in Iraq negli anni Ottanta; e gli arresti arbitrari e la vessazione militare di Erdogan, e dei suoi predecessori, in Turchia.  Tutte operazioni mirate a frantumarne la coesione.

La prevaricazione ha fatto nascere movimenti indipendentisti che hanno assunto strutture diverse in luoghi specifici, dalle associazioni per la difesa dei diritti umani, le organizzazioni sindacali e i partiti politici, ai bracci armati. Non tutti mirano a un Kurdistan che riunisca i 500 mila chilometri quadrati di questa nazione ideale. I più sono invece orientati a ottenere riconoscimento politico, libertà culturale e di conduzione amministrativa e di governo nei contesti locali. Nondimeno, nel Nord della Siria e dell’Iraq, dove sono state ottenute forme di autonomia, l’ingresso nella cornice geopolitica del sedicente stato islamico dell’Iraq e del Levante (Isil per l’acronimo inglese) ha profilato scenari di enorme complessità.

Nel 2012, nel mezzo della campagna contro l’Isil, i curdi hanno dichiarato l’auto-governo ed espanso i propri territori di pari passo con i successi bellici. Beneficiandosi del ritiro delle truppe di Assad, hanno gettato le basi di una futura regione autonoma, in due cantoni petroliferi contigui sul confine di Turchia e Iraq. In Iraq, i curdi risiedono in prevalenza nelle tre province del governo regionale del Kurdistan. Hanno guadagnato un’autonomia de facto durante il periodo della no-fly zone disposta dalla coalizione contro il regime di Saddam Hussein per proteggere i civili e nel 2005 è arrivata la ratifica costituzionale. Il Kurdistan irachenoreclama anche la regione limitrofa del Kirkuk, ricca di giacimenti di petrolio. D’alta parte, quando nel 2014 i soldati dell’esercito regolare batterono la ritirata di fronte all’Isil, i peshmerga non abbandonarono il campo e… Continua su vociglobali 


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