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I rappresentanti dei giornalisti accanto a Borrometi. Giulietti: «Mettiamo una firma collettiva sotto le sue inchieste»

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In tribunale, assieme alla Fnsi, anche Usigrai, Associazione Stampa Siciliana, Odg Sicilia e Unci. «Ogni volta che qualcuno prova a intimidire un cronista deve sapere che l’intero giornalismo italiano illuminerà a giorno la zona della minaccia, dell’oscurità e del malaffare», dice il presidente della Federazione della Stampa.
«Siamo qua, Federazione nazionale della stampa italiana, Usigrai, Associazione Stampa Siciliana, Ordine dei giornalisti, per mettere una firma collettiva sotto le inchieste di Paolo Borrometi, sotto le sue denunce, e per fare sapere a chi lo ha messo sotto tiro che l’intero giornalismo italiano illuminerà a giorno tutti coloro che qui minacciano Borrometi, altrove, decine di altri cronisti. Ogni qualvolta un cronista verrà minacciato noi verremo ad accendere tutti insieme tutti i riflettori sulla zona della minaccia, dell’oscurità e del malaffare». Così il presidente della Fnsi, Giuseppe Giulietti, fuori dal tribunale di Ragusa dove si è celebrata questa mattina l’udienza in cui Borrometi ha testimoniato contro i presunti autori delle minacce ricevute.

Vittorio Di Trapani, segretario Usigrai, ha sottolineato che la proposta del presidente della Federazione nazionale della stampa «di illuminare a giorno è possibile ma bisogna rilanciare le inchieste dei giornalisti minacciati. Paolo Borrometi è stato minacciato ed aggredito perché ha pubblicato inchieste, ha denunciato affari sporchi e insanguinati. Per dire che Paolo e gli altri giornalisti minacciati non sono soli, abbiamo uno strumento: ripubblichiamo e rilanciamo le loro inchieste, solo così mafiosi e corrotti sapranno che i cronisti non sono soli».

Alberto Cicero, segretario dell’Assostampa regionale, ha ricordato che «le istituzioni dei giornalisti sono presenti ogni qual volta ce ne sia bisogno e nel momento in cui un cronista viene minacciato. La gente ha diritto ad essere informata. Questa è una minaccia alla possibilità della gente di essere informata, perché intimidire un giornalista significa questo».

Riccardo Arena, presidente uscente dell’Ordine dei giornalisti di Sicilia, anche lui presente al Tribunale di Ragusa, ha osservato: «È il mio ultimo atto da presidente dell’Ordine di Sicilia, da martedì non lo sarò più. Ho voluto concludere questa esperienza bellissima con un comportamento doveroso per un presidente dell’Ordine: stare vicino ai colleghi. Lo abbiamo sempre fatto con i colleghi minacciati, querelati, intimiditi, sottoposto ad azioni civili ma anche con i precari, con gli ultimi, con quelli che sono pagati nulla. Stare vicino a Paolo è un dovere e sono sicuro che chi mi succederà saprà fare altrettanto».

Di dovere ha parlato anche Francesco Nania, componente del Consiglio direttivo dell’Unci Sicilia: «È doveroso – ha detto – essere presenti in questo momento importante per un collega che ha mostrato la schiena dritta. Lo appoggiamo in tutto e per tutto». Mentre il presidente nazionale dell’Unci, Alessandro Galimberti ha scritto in una nota: «Siamo tutti vicini a Paolo Borrometi in questa su battaglia per la libertà, per la democrazia e per la civiltà».

Ad attendere l’inizio del processo c’erano anche la segretaria regionale della Cgil Sicilia, Mimma Arcurio, il segretario provinciale della Cgil di Ragusa, Peppe Scifo, e Eliana Giudice di “Fai Antiracket” di Vittoria.


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