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Giornalisti minacciati, la denuncia di Grasso e Borrometi: non c’e più tempo per fermare querele temerarie

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“In questi cinque anni, in ogni incontro con la stampa parlamentare dal 2013 a oggi, ho sempre ribadito la necessità di intervenire sul tema delle querele temerarie. Purtroppo temo che, a meno di una tardiva ma ben accetta eventuale assunzione di responsabilità da parte di tutte le forze politiche presenti in Parlamento, la legislatura rischi di chiudersi, ancora una volta, senza l’approvazione di tali norme”.
È stato questo il passaggio più significativo dell’intervento del presidente del Senato Pietro Grasso, in apertura del convegno di “Ossigeno per l’Informazione” e Stampa Romana sui giornalisti minacciati.
La seconda carica dello Stato nella Giornata internazionale per la fine delle impunità per i crimini contro i giornalisti ha voluto puntare l’attenzione sulle querele temerarie che “sono certamente meno pericolose delle minacce di morte o aggressioni fisiche, ma incidono pesantemente sull’attività giornalisti” ha sottolineato Grasso ricordando che ancora tanti “operatori dell’informazione aggrediti o uccisoi non hanno avuto giustizia”.
Il presidente del Senato ha anche evidenziato come “in ogni parte del mondo ci sono giornalisti intimiditi”.
A conferma di questo affermato da Grasso un dato su tutti: solo negli ultimi dieci mesi gli attacchi subiti dai colleghi della stampa nel nostro paese sono stati 317, un numero raccapricciante.
Il presidente ha anche ricordato Daphne Caruana Galizia, la reporter uccisa pochi giorni fa a Malta, d’alta saltare in aria nella sua auto nel cuore dell’Europa, a pochi chilometri dall’Italia
“Occorre vigilare – l’appello di Grasso – perché a nessun giornalista sia impedito di fare il proprio lavoro” ribadendo, ancora, che la prima e forse più grande minaccia per i giornalisti intimiditi sia la solitudine.
“Bisogna fare squadra. Dobbiamo tutti insieme pungolare chi deve metterci nella condizione di fare unicamente il nostro lavoro, che è il più bello del mondo” ha esortato Paolo Borrometi, rappresentante di Articolo 21 affermando che “i dati emersi oggi sono drammatici, minacce e precarietà sono una miscela esplosiva che ci impedisce di svolgere il nostro lavoro di informare”.
“Molti colleghi mi chiedono se si può rischiare la pelle per 3.10 euro lordi a notizia. Nessuno di noi – ha aggiunto Borrometi – vuole essere eroe ma un giornalista ha l’obbligo di informare e il cittadino può scegliere solo se è informato e noi dobbiamo essere messi nelle condizioni di poterlo fare”.
Come in altri interventi precedenti al suo, il giornalista siciliano ha anche posto l’accento sul rischio di isolamento dei colleghi minacciati e, parlando dell’uccisione della giornalista maltese, ha detto che è un problema che riguarda l’Europa e anche l’Italia.
Borrometi ha poi concluso il suo intervento criticando la mancata approvazione della legge sulle querele temerarie “giunta alla IV lettura, altro che parto travagliato”.
Eppure il ministro della Giustizia Andrea Orlando, attraverso un messaggio inviato agli organizzatori del convegno al Senato, aveva ricordato che “la libertà di stampa, oltre ad essere un diritto costituzionalmente riconosciuto, è un bene che tutti, Istituzioni, operatori della stampa, società civile, dobbiamo promuovere e difendere”.
Orlando ha tenuto a sottolineare che a fronte di “un sempre più intenso attacco alla libertà’ di espressione negli Stati non democratici, che più si accaniscono a perseguire una dura repressione politica o religiosa, anche nelle democrazie più avanzate sono diffusi fenomeni di ostacolo alla ricerca della verità.
E se questo non può lasciare indifferente il ministro della Giustizia ancor meno tutti noi di Articolo 21 che insieme alla Federazione nazionale della stampa continueremo a batterci affinché il diritto alla libertà di espressione e di informazione venga, sempre, pienamente garantito. A tutti.


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