“Non è una battaglia corporativa ma una battaglia di civiltà”. Da questo assunto parte la mobilitazione dei sindacati confederali della scuola che oggi a Roma hanno indetto una conferenza stampa per denunciare “la situazione esplosiva” in cui versa il settore. Quest’ultimo, infatti, “da anni attende risposte” da governo e ministeri (Miur e Mef), “sul rinnovo del contratto del personale scolastico”. Le federazioni della scuola di Cgil, Cisl, Uil e Snals Confsal hanno quindi deciso di intraprendere questo “percorso unitario” che non esclude “qualsiasi forma di mobilitazione” qualora dal governo – impegnato nell’approvazione della legge di bilancio – “non dovessero arrivare risposte già dalle prossime ore”. Mobilitazioni che vanno dalle assemblee in tutti gli istituti d’Italia fino a una “grande iniziativa culturale il 18 novembre in concomitanza con il 50esimo anniversario dalla morte di Don Milani”. Non escluso anche uno sciopero generale della categoria come “extrema ratio”. “La scuola – hanno dichiarato i segretari delle quattro diverse sigle sindacali- è il settore che più di ogni altro ha subito tagli dai vari governi. Gli insegnanti italiani sono i primi nelle classifiche europee per doveri, ore e mole di lavoro e ultimi per quel che riguarda i diritti”. Il nostro Paese, fanno sapere i sindacati, “è anche fanalino di coda in Europa e nei Paesi Ocse per quel che riguarda la percentuale di spesa pubblica impiegata nel settore in rapporto al Pil (3,7%)”.
I sindacati, che oggi hanno riunito i quadri dirigenti nazionali per fare il punto sulla questione ‘contratto’, chiedono innanzitutto la “piena attuazione” dell’accordo del 30 novembre e poi, il ripristino del potere d’acquisto dei salari, il mantenimento degli attuali scatti di anzianità, la destinazione dell’incremento non inferiore a 85 euro interamente sul tabellare, lo stanziamento di risorse aggiuntive per la valorizzazione della professionalità, la restituzione alla contrattazione di “tutte le materie fatte impropriamente oggetto di incursioni legislative” (dall’utilizzazione del personale al bonus, dall’orario alla mobilita’). “La situazione nella Scuola – ha osservato il segretario generale della Flc, Francesco Sinopoli – è esplosiva. La legge 107 ha incentivato soltanto la frustrazione del personale. Non bastano più pannicelli caldi. L’apertura della trattativa è il punto di partenza per restituire dignità al personale della scuola. E i rimpalli sull’Atto di indirizzo confermano la grave sottovalutazione da parte del Governo della situazione della Scuola italiana”.
“E’ vero che la ministra Fedeli ha dato un taglio diverso alle relazioni sindacali, ma ci preoccupa il fatto che le buone intenzioni ancora non si siano concretizzate visto che il Mef trattiene a sè le decisioni più significative relative alle risorse” ha commentato la segretaria nazionale della Cisl Scuola Ivana Barbacci auspicando che a ridosso della campagna elettorale “la scuola non diventi merce di scambio”. “Non possiamo attendere oltre. Il personale della Scuola è sottopagato rispetto sia ad altre categorie sia ai colleghi degli altri paesi. Il Governo si attivi subito quindi – ha affermato il segretario generale della Uil Scuola, Pino Turi – per aprire all’Aran le trattative e per chiuderle al più presto. La scuola non ha bisogno di pacche sulle spalle ma di atti concreti”. Oltre a ribadire che gli 85 euro non bastano, la segretaria generale dello Snals, Elvira Serafini, chiede al Governo di impegnarsi anche sulla parte normativa “perché diversi aspetti della legge 107 vanno ridefiniti”. “Ma anzitutto chiediamo che vi sia – ha concluso – il segnale di una sincera volontà di stipulare i contratti del pubblico impiego senza furbizie elettoralistiche. Lo vedremo a breve, con la prossima legge di bilancio dove dovranno essere disponibili risorse aggiuntive a quelle indicate nell’accordo di palazzo Vidoni”.