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Fare il bene non basta più. La mission come vocazione per chi opera nel Terzo Settore

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Nel “sociale” non si lavora, semplicemente. Si opera. Con una mission che spesso corrisponde a una vera e propria vocazione. Lo scopo è sempre lo stesso: il bene comune. Come fatto reale, perché nasce da un ideale. Eppure oggi non basta più saper fare bene il bene, bensì è necessario saper costruire processi in grado di generare un vero, concreto e tangibile cambiamento positivo: l’impatto sociale. Oggi in modo particolare, in quanto si è ormai realizzato il passaggio dal welfare distributivo al welfare generativo. Oggi in modo particolarmente urgente, in quanto nel Terzo Settore è in atto la Riforma del comparto che sta portando novità rivoluzionarie e sfide inedite. In sintonia con questo epocale cambiamento per il non profit italiano si sente dunque la necessità di una proposta formativa nuova, anzi nuovissima, in grado di generare il bene per l’intera comunità. Un bene reale che nasce da un ideale. Oggi dunque bisogna formarsi se si vuole operare nel sociale.

Lo sa bene Catia Drocco, consulente di fundraising, fondatrice di Studio Romboli, nonché coordinatrice del primo Master di I livello in Fundraising, Comunicazione e Management per gli enti ecclesiastici e le organizzazioni religiose di qualsiasi confessione, ossia per gli enti del Terzo Settore a cosiddetto movente ideale (master.religiousfundraising.it)Le iscrizioni al Master si chiudono il 27 ottobre e le lezioni si svolgeranno dal 13 dicembre 2017 al 21 settembre 2018 presso l’Italian Adventist University di Villa Aurora a Firenze.

«Fare fundraising – ci dice Catia – è uno stile di vita, un cambiamento di mentalità, è divenire attivi strumenti di relazioni sociali da instaurare e coltivare nel tempo. La vera sfida non è ricevere una donazione, ma farsi garanti della sua trasformazione in un positivo cambiamento, sapendo misurare l’impatto del proprio agire. Ogni euro donato deve poter generare un tangibile valore sociale. Il fundraising deve essere dunque un processo di sviluppo organizzativo necessario e non più solo accessorio, a patto che sia concepito non come una mera raccolta di fondi, bensì che venga messo nelle condizioni di aggiungere sempre un valore, quello della relazione. Al centro, non c’è solo la donazione, qualunque sia la sua natura, ma le persone: il donatore e il beneficiario. Il dono, infatti, migliora chi dona e aiuta chi riceve». E per chi fa del lavoro una vocazione tutto questo vale ancora di più… Continua su confronti


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