L’importanza delle immagini in un articolo è collegata alla sua attendibilità. Indicazioni e strumenti utili per la loro verifica, dalla definizione di un metodo al news lab di Google
Di Alessandro Lanni (@alessandrolanni)
La sfida del fact checking alle immagini. Se informazione e propaganda politica corrono rapidissime sui social media e se gli stessi Facebook e Twitter sono divenuti fonti per il giornalismo, gli strumenti di verifica in mano al giornalista devono essere applicati non solo alle news ma anche alle foto che circolano in rete realizzate e diffuse da professionisti e da utenti.
È possibile scoprire se una foto degli scontri a Barcellona sia contraffatta o meno? O se il selfie del pilota in volo sia una bufala? Quella foto del fronte siriano è stata scattata davvero in Siria.
Ecco, qui di seguito proviamo a dare qualche indicazione per iniziare la verifica di foto e immagini e per certificare la loro autenticità e un uso non ingannevole.
Verificare o non verificare
Un elemento iniziale – preliminare ma decisivo – è riconoscere che non tutte le immagini devono essere verificate. Sotto i nostri occhi passano centinaia, migliaia, di immagini ogni giorno e se volessimo verificarle una per una saremmo di fronte a un compito irrealizzabile. Quindi, primo passo è decidere quali immagini è importante porre sotto il nostro microscopio. Già, perché molte – forse la maggior parte – immagini hanno una funzione meramente illustrativa, accompagnano un testo senza essere notizie loro stesse.
La capacità di selezionare è il primo step. Se vediamo la foto di uno squalo che circola per le strade di Miami dopo l’alluvione siamo di fronte a quella che potenzialmente potrebbe essere una “foto-notizia”. Ecco, è solo allora che si mette in moto il fact checking (che va a finire così, se a qualcuno interessa).
Ecco la regola riassunta da Debunking Denialism: «Un approccio ragionevole [per il giornalista] è quello di creare un metodo per identificare quelle storie la cui validità sia affidata esclusivamente alla validità dell’immagine associata […]. Se l’immagine è falsa o manipolata la storia stessa sarà in gran parte falsa». In altra parole, si fa fact checking solo sulle potenziali notizie.
Secondo passaggio, controllare se qualcuno ha già ricostruito la storia di quella foto che ci interessa. Ormai esistono numerose associazioni e siti che verificano se una notizia o una foto sono bufale o meno. Ecco, spulciare tra queste risorse se l’immagine che ha attirato la nostra attenzione ha già subito un’operazione di fact checking. Un sito da cui partire potrebbe essere Snopes, che in maniera trasparente descrive anche la procedura che utilizza.
Quattro passi per la verifica di un’immagine
La verifica delle immagini diviene molto importante in un contesto informativo dov’è aumentato enormemente l’uso di foto raccolte sul web e sui social media e realizzate dagli utenti.
Secondo il Verification Handbook «Che si tratti di una testata giornalistica globale autorevole come la Bbc oppure di un’organizzazione umanitaria che opera sul campo, la velocità nel raccogliere e diffondere le immagini chiave di un evento dell’ultim’ora va bilanciato con il bisogno di assicurarsi che le immagini siano credibili e autentiche. Non solo, occorre altresì garantire il rispetto delle norme regole sul diritto d’autore e quindi bisogna cercare di ottenere l’autorizzazione per l’utilizzo del materiale».
Il manuale curato dal giornalista di BuzzFeed News Craig Silverman individua quattro passaggi fondamentali nella verifica di un’immagine:
- Stabilire l’autore o la fonte originaria.
- Confermare luogo, data e orario approssimativo in cui è stata prodotta l’immagine.
- Confermare che l’immagine corrisponda a quanto si dice nella didascalia o negli allegati.
- Ottenere l’autorizzazione dell’autore o della fonte per l’utilizzo del materiale.
Individuare l’autore della foto con sicurezza aiuta a certificare la notizia. Come è decisivo avere certezza del luogo nel quale è stata realizzata l’immagine (presente lo squalo a Miami? Ecco, non era Miami). Se l’immagine proviene da uno scenario pericoloso, è importante accertarsi che la fonte non corra rischi e non rivelare particolari che aiutino a localizzare il fotografo.
Con il punto 3 s’intende: la foto che abbiamo trovato/ricevuto può essere autentica e non modificata, ma non rappresenta quello che dice la didascalia. Per esempio può essere stata scattata in un momento differente. E allora in questo caso si possono utilizzare strumenti come Google Maps o siti di informazioni meteo per verificare la corrispondenza o meno della foto.
Suggerimento del Verification Handbook. Quando si chiede – e si ottiene – l’autorizzazione per l’utilizzo è importante:
- Essere chiari su quali immagini si vogliono usare.
- Spiegare come verranno utilizzate.
- Definire la dicitura appropriata per l’autore (nome, utente, ecc., considerando che potrebbe anche voler rimanere anonimo).
I metadata
Altro fattore utile per la verifica – come suggerisce Debunking Denialism – sono i metadata contenuti nelle immagini. Molti formati – per esempio Jpeg, Gif, Png ecc. – conservano informazioni utili per ricostruire la storia di una foto, la macchina fotografica che l’ha scattata, quando, l’originale, come è stata modificata ecc. O ancora – per andare sul più tecnico – è possibile verificare i diversi livelli di compressione presenti in una stessa immagine per scoprire se alcune parti di essa sono state alterate. Jeffrey’s Image Metadata Viewer è una prima risorsa utile per scavare nelle informazioni nascoste nei metadata di una foto.
Cos’è la “ricerca inversa” di Google
Da qualche tempo, il gigante di Mountain View ha realizzato uno strumento per il fact checking delle immagini. In sostanza, un dispositivo che permette di ricostruire la genealogia di una foto, vagliandone storia, autenticità e attribuzione. Si chiama Reverse Image Search ed è uno degli strumenti del news lab di Google.
A cosa serve? Serve ha fare ricerche per immagini (!) e come si vede qui sotto, possono essere fatte attraverso la Url dell’immagine o caricando un file… Continua su cartadiroma