Appena quindici anni, ma che rivoluzionarono il fare artistico. E’ la parabola di Michelangelo Merisi, più noto con il nome di Caravaggio. Una vita breve la sua (era nato a Milano nel 1571; morì a Porto Ercole nel 1610), segnata dalla violenza, data e ricevuta. Condannato alla decapitazione per un omicidio commesso a Roma nel 1606. Da qui il terrorizzante soggetto di Davide e Golia alla Galleria Borghese e la sua fuga disperata a Napoli, in Sicilia e a Malta, dove peraltro si trova la tela “Giuditta e Oloferne” anche questa con una decapitazione. E’ il suo lato oscuro a cui si contrappongono irridenti fanciulli in veste di Bacco e lo stupendo canestro di frutta alla Pinacoteca Ambrosiana di Milano.
La rivoluzione è nell’iconografia: l’avere preso come protagonisti delle sue pale d’altare i popolani, magari mostrandone i piedi sporchi, prostitute comprese Soprattutto la rivoluzione è nello stile: in quei quadri tenebrosi improvvisamente squarciati da folgoranti lampi di luce, come nella conversione di San Matteo nella Cappella Contarini a San Luigi dei Francesi del 1600, considerata il suo capolavoro. Fece scuola, in Italia e in Europa, ben oltre il XVII secolo. Ora a Palazzo Reale di Milano è in corso fino al 28 gennaio 2018, la mostra “Dentro il Caravaggio”, a cura di Rossella Vodret. Dentro Caravaggio perché i 20 capolavori esposti sono affiancati dalle rispettive immagini radiografiche, a rivelarne pentimenti e persino tracce di disegni, mai emerse finora. Prestiti prestigiosi: la “Sacra Famiglia con Giovannino” (1604 -1605) dal Metropolitan di New York; “Salomé con la testa del Battista” (1607-1610) dalla National Gallery di Londra e un “San Girolamo” (1605-1606) dal Museo di Montserrat in Catalogna..
Questa strepitosa rassegna è affiancata da documenti d’archivio, dall’Archivio di Stato di Roma a quello di Siena, che indagano sugli aspetti più problematici della sua biografia. Anche se- precisa la curatrice- di ben otto anni, quelli milanesi, non si hanno notizie certe.