Non arrivo a dire, come fa Peter Gomez sul Fatto Quotidiano, che Rajoy è un “pericoloso idiota”, tuttavia una cosa è certa: o il Partito Popolare Europeo prende rapidamente atto che personaggi come il dittatorello ungherese Orbán e l’ex allievo del ministro franchista Manuel Fraga Rajoy sono i veri nemici dell’Europa o non avrà un domani né quella compagine politica, problemi loro, né il concetto stesso di Unione Europea, e questa invece sarebbe una catastrofe.
Scritto da Roberto Bertoni
Bastava, infatti, dare un’occhiata alla miriade di giovani riversatisi nei giorni scorsi nelle strade e nelle piazze di Barcellona e dell’intera Catalogna per rendersi conto che il governo centralista e anti-dialogante di Rajoy ormai non gode più di un effettivo consenso nel Paese.
Basta dare un’occhiata alle condizioni in cui è costretto a governare, alla maggioranza fittizia di cui gode, alle fibrillazioni che squassano i socialisti del PSOE, purtroppo ancora alleati del Partido Popular, e all’ascesa, sia pur leggermente frenata, degli alternativi di Podemos per capire che anche la Spagna chiede e ha bisogno di altro.
Avrebbe bisogno, tanto per dirne una, di rilanciare lo Statuto per l’autonomia sottoscritto nel 2006 dall’allora presidente del Consiglio Zapatero e dall’ex sindaco di Barcellona Pasqual Maragall e trascinato successivamente da Rajoy davanti ad una Corte costituzionale di nomina solo politica, dunque inevitabilmente compiacente nei confronti dell’esecutivo.
Avrebbe bisogno anche, e questo è il vero punto dolente, di un re simile al Juan Carlos che fronteggiò il tentato colpo di Stato del colonnello Tejero, non di una figura fragile, secondaria e che dà l’impressione di non sapere che pesci prendere come suo figlio Felipe.
Avrebbe, poi, bisogno di ascoltare l’alcaldesa di Barcellona Ada Colau: una persona di grande valore che, al pari di chi scrive, non è affatto favorevole all’indipendentismo strumentale dei Puidgemont e degli altri papaveri liberisti e in parte corrotti che regolano la vita politica della Catalogna ma che, al tempo stesso, non accetta che le ragioni di un intero popolo vengano contrastate a colpi di manganello e di barbarie.
Avrebbe bisogno, infine, di un’Europa che esistesse e battesse un colpo, in quanto Juncker e soci dovrebbero rendersi conto che il secessionismo unilaterale catalano potrebbe dare la stura a tutte le altre pulsioni disgregatrici che minano alla fondamenta il Vecchio Continente, a cominciare da quello basco e da quello, ben più ragionevole ma ugualmente pericoloso, degli scozzesi, incentivato oltretutto dalla Brexit e dalla contrarietà di questi ultimi all’anti-europeismo degli inglesi.
Se lunedì i vertici catalani dovessero proclamare la secessione unilaterale dalla Spagna, difatti, l’effetto domino sarebbe inevitabile: altre regioni riottose potrebbero seguire lo stesso esempio, provocando una dissoluzione di fatto di intere nazioni e della costruzione europea nel suo complesso. Il tutto perché un tardo-franchista con collaboratori leggermente peggiori di lui ha tentato di reprimere, come peggio non si sarebbe potuto, un malessere popolare incancrenito che ha finito col divorare ogni forma di razionalità e di buon senso, sapientemente orchestrato da chi se ne è servito per coprire le proprie mancanze e per evitare di essere accompagnato alla porta come pure meriterebbe.
Una gestione pessima, selvaggia, inadeguata, con responsabilità enormi da una parte e dall’altra ma non identiche né paragonabili: a tal proposito, non c’è cosa peggiore del terzismo e dei costanti tentativi di dimostrare che tutte le vacche sono nere poiché questo atteggiamento non aiuta né a capire né a giudicare con la dovuta lucidità quanto sta accadendo.
L’unica certezza è che il mal governo di una destra che abbina franchismo, liberismo e nazionalismo spinto all’estremo sta richiamando alla memoria collettiva la tragedia che che ottant’anni fa trascinò la Spagna nel baratro di una dittatura feroce. Non ci sarà un altro “Alzamiento”, per carità, anche perché il nostro eroe non ne sarebbe capace neanche se volesse, ma l’Europa stia in guardia perché la Spagna è spesso emblematica delle tendenze globali e il clima non è poi tanto migliore di quello degli anni Trenta.