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Codice antimafia, presentato in Fnsi il dossier sull’economia illegale del comitato ‘Io riattivo il lavoro’

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Illustrati nella sede del sindacato i dati raccolti dalle associazioni che nel 2012 presentarono la proposta di legge di iniziativa popolare con cui si chiedevano modifiche alle norme in vigore. Soddisfatte Cgil, Arci, Avviso Pubblico, Acli, Centro Studi Pio La Torre, Libera, Lega Coop e Sos Impresa.
«Con l’approvazione in via definitiva della riforma del codice antimafia si chiude un “ciclo” iniziato nel 2012 con la proposta di legge di iniziativa popolare avanzata dal comitato “Io Riattivo il Lavoro”. Fu proprio quella mobilitazione, promossa dalla Cgil e sostenuta da Arci, Avviso Pubblico, Acli, Centro Studi Pio La Torre, Libera, Lega Coop e Sos Impresa, che mise in moto una discussione politica fino a quel momento assente, incapace di comprendere la necessità di sostenere la ricollocazione nel circuito di legalità dei beni sottratti ai mafiosi, attraverso i sequestri penali e di prevenzione».
Ad annunciarlo è lo stesso comitato che questa mattina, durante la conferenza stampa di chiusura della campagna svoltasi nella sede della Fnsi, ha illustrato alcuni dati sulla corruzione, sulle aziende sequestrate e sulle esperienze di riutilizzo sociale delle cooperative.

Quello che oggi la rete delle associazioni del comitato promotore ha chiesto con forza «è l’importanza che il governo renda operative le deleghe ricevute e che vengano varati i decreti attuativi previsti. Devono nascere i tavoli territoriali presso le Prefetture – prosegue il comitato – in modo che la gestione del riutilizzo dei beni sequestrati sia più rapida e deve essere potenziata l’Agenzia nazionale portandola a 200 dipendenti, rivedendone l’organizzazione del lavoro, scegliendo le giuste professionalità».

Per Giuseppe Massafra, della segreteria confederale Cgil, «l’obiettivo finale della campagna ‘Io riattivo il lavoro’ è stato raggiunto. Abbiamo ottenuto una legge come il codice antimafia, in grado di ripristinare il controllo dello Stato sulle aziende infiltrate dalla criminalità organizzata».

Mentre Davide Pati, di Libera, ha evidenziato che «sono 669 gli enti del terzo settore che operano in Italia con l’obiettivo di riutilizzare a fini sociali i beni confiscati. Cooperative e associazioni che si sono messe in gioco e a cui il nuovo codice antimafia consentirà di crescere».

E Nicola Leoni, vicepresidente di Avviso Pubblico, ha aggiunto: «Sono stati 24 i provvedimenti approvati in questa legislatura. Questo è un importante segnale di impegno che il nostro Parlamento ha dimostrato grazie anche ad una spinta dal basso, alla competenza di una rete di associazioni antimafia che è stata determinante nello stimolare il Parlamento all’approvazione del codice. Ma il nostro impegno non finisce qui, a partire dalla legge sui testimoni di giustizia, attualmente al vaglio delle Commissioni competenti».

Inoltre Antonio Russo, responsabile legalità delle Acli, ha commentato: «Il contrasto alla criminalità organizzata giunge ad una svolta fondamentale con l’approvazione del codice perché restituire alle comunità quanto è stato sottratto dall’economia criminale, è un atto che fa impazzire le mafie».

A seguire Luca Bernareggi, vicepresidente Legacoop ha dichiarato: «A noi ora spetta il compito di vigilare sull’effettiva applicazione di una normativa che, attraverso una maggiore efficienza e trasparenza, favorisca il riscatto dell’economia legale».

D’accordo con Bernareggi anche la presidente dell’Arci, Francesca Chiavacci: «È necessario vigilare sull’operatività della legge, a cominciare dalla prossima emanazione dei decreti attuativi. È il passo successivo per consentire ad una buona legge di essere davvero efficace».

Luigi Cuomo, presidente di Sos Imprese ha osservato che «le imprese sane faticano a stare sul mercato in presenza della concorrenza sleale delle aziende mafiose o infiltrate dalla criminalità. Era necessario agire sulle confische ai corrotti, perché la corruzione ha favorito la penetrazione mafiosa nell’economia legale».

E Vito Lo Monaco, presidente del Centro Studi Pio La Torre, ha aggiunto: «L’antimafia non è solo repressione ma anche prevenzione dei fenomeni criminali. È necessario in tal senso sviluppare un codice unico che riesca a semplificare la legislazione italiana».

L’incontro si è concluso con l’intervento di Franco Mirabelli, senatore e membro della commissione parlamentare Antimafia: «Questa legge serve davvero a contrastare le organizzazioni criminali ed è stata approvata grazie al confronto e allo stimolo costante che il Parlamento ha ricevuto dal mondo delle associazioni e della società civile. Adesso l’impegno prosegue, a partire dalla stesura dei decreti attuativi».


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