La data dell’omicidio di Anna Politkovskaja è difficilmente dimenticabile: corrisponde con quella del compleanno di Putin. Che anche se abita lontano dall’Italia ha forti connessioni con la nostra politica. Berlusconi, tanto per dire, volerà in Russia e porterà in dono un piumone matrimoniale con un’immagine stampata nella quale i due si sorridono amabilmente, indossando entrambi il colbacco.
Non so se Putin lo userà questo piumone, ma la cosa mi ha fatto tornare alla mente il lettone di Putin, quello dell’era del bunga-bunga.
Che c’entra tutto questo con l’assassinio della migliore giornalista russa? C’entra perché Anna chiedeva verità e giustizia sulla Cecenia, sul Nord-Ost, su Beslan e su tutte le terribili vicende che hanno contrassegnato gli anni del putinismo. E nessuno chiede più verità e giustizia per lei.
Assassinata la Politkovskaja, a colpi di pistola nell’ascensore di casa, sono rimasti pochi giornalisti russi a tirare la giacchetta a Putin. Forse per questo, al di là degli esecutori materiali, nessuno ha mai cercato i mandanti di quell’omicidio, il 7 ottobre del 2016.
La Russia, dopo essersi presa la Crimea, ha subito in questi anni ritorsioni internazionali, ma ha paladini che la difendono in tutta Europa (e in parecchie forze politiche italiane). La vendetta da Mosca è arrivata grazie agli hacker russi che sembrano aver deviato le elezioni americane, il referendum sulla Brexit e ora dicono anche causato l’escalation di tensione tra Spagna e Catalogna. Tutte vicende (e dubbi) sulle quali sarebbe bello leggere le inchieste di Anna Politkovskaja. Che invece non c’è più. Uccidendo lei, in pratica, hanno ulteriormente ridotto la libertà di stampa in Russia. Ci resta Internet. E l’opposizione giovanile moscovita. Basterà?