La guerra è costata 900 miliardi, 7,5 per l’Italia. Secondo il rapporto di MILeuroX è la più lunga e costosa campagna militare della storia italiana. Alto il numero delle vittime civili e militari.
La Repubblica
La guerra in Afghanistan è costata 900 miliardi, 7,5 per l’Italia. Il costo sostenuto per gli Stati Uniti dal 2001 a oggi è di 827 miliardi di dollari (attualmente circa 45 miliardi l’anno) ma se si sommano questi costi aggiuntivi – accuratamente stimati da analisti delle università americane Harvard e Brown la cifra raddoppia. Lo afferma il rapporto ”Afghanistan, sedici anni dopo” dell’osservatorio MILeuroX secondo il quale “si tratta della più lunga e costosa campagna militare della storia d’Italia“.
”Rimanendo alla sola spesa ufficiale – prosegue il Rapporto – 16 anni di guerra in Afghanistan sono costati complessivamente a tutti i Paesi che vi hanno partecipato all’incirca 900 miliardi dollari: circa 28 mila dollari per ogni cittadino afgano — cifra enorme se confrontata al reddito annuo medio afgano di circa 600 dollari”.
Per quanto riguarda l’Italia, rileva l’osservatorio, il costo ufficiale della partecipazione alle missioni militari in Afghanistan a partire dal novembre 2001 (Enduring Freedom fino al 2006, ISAF fino 2014, Resolute Support dal 2015) è di 6,3 miliardi di euro, vale a dire oltre un milione di euro al giorno in media.
A questo costo ”va aggiunto l’esborso di 360 milioni a sostegno delle forze armate afgane (120 milioni l’anno a partire dal 2015) e circa 900 milioni di spese aggiuntive relative al trasporto truppe, mezzi e materiali da e per l’Italia, alla costruzione di basi e altre infrastrutture militari in teatro, al supporto operativo della Task Force Air (Emirati, Qatar e Bahrein) e degli ufficiali di collegamento distaccati presso Comando Centrale USA di Tampa, Florida, al supporto d’intelligence degli agenti AISE, della protezione attiva e passiva delle basi, al supporto sanitario del personale della Croce Rossa Italiana, alla protezione delle sedi diplomatiche nazionali e alle attività umanitarie militari strumentali (CIMIC, classificate all’estero, con più realismo, come Psy Ops, cioè guerra psicologica: aiuti in cambio di informazioni). Si arriva così a oltre 7,5 miliardi, a fronte di 260 milioni investiti in iniziative di cooperazione civile”.
L’osservatorio tira le somme delle vittime civili ”in aumento, soprattutto bambini. Secondo le stime più attendibili, rileva il rapporto, ”sono oltre 140 mila morti dall’inizio dell’intervento occidentale in Afghanistan, per metà combattenti talebani (o presunti tali), l’altra metà quasi equamente divisa tra giovani afgani delle forze di sicurezza e civili, almeno 26 mila — secondo uno studio condotto dalla Brown University — i civili uccisi nel corso della missione ISAF (2001-2014), cui si aggiungono quasi 9 mila morti — secondo i dati pubblicati dalla missione ONU in Afghanistan (UNAMA) — dall’inizio della missione RS (2015). A questi si aggiungono oltre 3.500 soldati NATO (di cui 53 italiani, più 650 feriti), almeno 1.700 contractor di varie nazionalità e oltre 300 cooperanti 17 stranieri”.
A fronte di questi dati, l’osservatorio si chiede quali siano stati i progressi nei sedici anni? ”A parte un lieve calo del tasso di analfabetismo (dal 68% del 2001 al 62% di oggi) e un modestissimo miglioramento della condizione femminile (limitato alle aree urbane maggiori), attribuibili al lavoro delle organizzazioni internazionali e delle ONG, non alla NATO), l’Afganistan ha ancora oggi il tasso più elevato al mondo di mortalità infantile (su mille nati, 113 decessi entro il primo anno di vita ), tra le più basse aspettative di vita del pianeta (51 anni, terzultimo prima di Ciad e Guinea Bissau ) ed è ancora uno 22 dei Paesi più poveri del mondo (207° su 230 per ricchezza procapite ). Politicamente, il regime integralista islamico afgano (fondato sulla sharìa e guidato da ex signori della guerra dell’Alleanza del Nord espressione della minoranza tagica) è tra i più inefficienti e corrotti al mondo ed è lontanissimo dallo standard minimo di una Stato di diritto democratico: censura, repressione del dissenso e tortura sono la norma”. Insomma, ”la cartina al tornasole dei ‘progressi’ portati dalla presenza occidentale in Afghanistan è il crescente numero di afgani che cerca rifugio all’estero: tra i richiedenti asilo in Europa negli ultimi anni, gli afgani sono i più numerosi dopo i siriani’‘, conclude il rapporto di MILeuroX.