Dopo le ultime dichiarazioni all’Onu dell’Uragano Donald (così è stato ribattezzato Trump, con riferimento ai cicloni Irma e Maria, che han devastato Caraibi e parte del territorio statunitense) Cuba rimane, almeno formalmente, ancora invischiata in un embargo che dura ormai da più di mezzo secolo.
La posizione precaria di un Maduro sempre più isolato, costretto a trattare ora con l’opposizione venezuelana, e martellato dalle accuse di corruzione della sua ex procuratrice Ortega Diaz, indebolisce il rapporto privilegiato tra i due Paesi, accomunati dalla grave crisi alimentare che il baratto classico, personale medico in cambio di petrolio, non può risolvere. Goccia finale, la sospensione dei viveri dal Brasile per via del cambio politico che il suo leader temporaneo Michel Temer ha impresso al colosso sud-americano, dopo impeachment Dilma Rousseff e la caduta in disgrazia di Lula, inseguito da ben sette imputazioni di reato.
Mai come ora, Cuba è cosi sola con i suoi problemi sullo scacchiere regionale.
Eppure, mai come ora, i fermenti di una società giovane che non sopporta più il suo stallo storico, sono vicini a esplodere.
E Raul Castro, che non è né cieco né sordo, ha già fatto le sue mosse.
Elezioni e concessioni
Il fratello di Fidel ha annunciato che rinuncerà alla presidenza entro febbraio 2018, dando il via alle consultazioni elettorali che inizieranno il mese prossimo fino a gennaio. Sono coinvolti 24.361 collegi elettorali, dovendo nominare i delegati ufficiali. A rintuzzare le speranze di un’opposizione sempre più frustrata, l’annuncio dello stesso presidente, che ha confermato il PCC (Partito Comunista Cubano) come unica organizzazione legale ai fini di tale mandato, sconfessando anche i candidati socialisti indipendenti. Appare quindi evidente, l’interesse-chiave di Raul, cioè smarcarsi da una possibile debacle del regime, sulla falsariga di quello che sta accadendo in Venezuela.
La seconda “riforma” castrista è agraria. Prorogato a 20 anni, dai dieci originali, il termine per l’usufrutto delle terre a beneficio dei privati, stabilito dal Consiglio dei Ministri a luglio. Cosi come adeguato allo stesso periodo, il pagamento dei prestiti concessi dalle banche agli investitori, per l’acquisto di macchinari e l’impiego di eventuali tecnologie migliorative. Permangono gli obblighi di vincolare la produzione e la vendita dei prodotti alla UEB, l’unità che regola empresas agropecuarias, le aziende agricole statali. Una mossa scaltra del governo, che da un lato chiede lo sforzo dei privati per incrementare una produzione sofferente per i ritardi di una tecnologia obsoleta e l’abbandono delle terre incolte, dall’altro non rinuncia al controllo statale e ai paletti imposti all’imprenditoria individuale.
Cuba soffre, durante il periodo estivo e autunnale, di una grave deficienza degli ortaggi primari: lattuga, carote, legumi e tuberi. Alimenti essenziali per la tavola dei locali e di ristoranti e hotel, quali patate e fagioli, cessano bruscamente.
L’allevamento delle vacche, così come la macellazione e il commercio della carne di manzo, rimane monopolio statale; solo per la carne di maiale è consentita la partecipazione delle imprese familiari, laddove il governo conceda la proprietà di un ridotto numero di capi bestiame ai privati. Per ora lo straniero è fuori da tali concessioni, salvo poter contare su prestanome cubani fidati.
27 ettari a testa, consegnati all’usufrutto privato, raddoppiando così il limite scorso di 13. 270.000 mq di terreno. Secondo i proclami ufficiali, lo Stato ha già stanziato 50 milioni di pesos in moneda nacional (circa 1.800.000 euro) per tecnologia e prodotti chimico-biologici. Una somma irrisoria rispetto all’esigenza reale, però conforme alla portata finanziaria del governo.
Lo stesso che rivendica un’aumentata produzione di fagioli e riso (+ 6%) latte (+3%) e 113.000 tonnellate di mais a fine 2017. La realtà appare diversa. I legumi mancano a Santiago, il burro scarseggia, e di mais non ne vedo. Per lo meno le tavole offrono tomates y pepinos (pomodori e cetrioli) proposti a tutti i livelli possibili.
Irma e derivati
Se l’uragano Matthew ha devastato Baracoa l’anno scorso, lasciando strascichi dolenti quali Edificio 6 e un Malecon semidistrutto Baracoa.webloc Irma ha fatto di peggio poche settimane fa. Distruzioni lungo tutto il nord dell’isola, specialmente nella provincia di Granma e Camaguey; ma è proprio la capitale La Habana che ha pianto il maggior numero di vittime, 7 sulle 10 totali riportate dalle autorità.
Era tempo immemorabile, che non si registravano morti post-uragano a Cuba, laddove l’opera di prevenzione ha sempre funzionato egregiamente.
Questa volta il ciclone, infierendo al massimo della sua intensità (cat. 5) con venti a 250 km orari e onde alte fino a 10 metri, non ha lasciato scampo.
Alla luce di quello che successe a Baracoa, ciò che si teme di più è il ritardo della ricostruzione, paventando drammi come i ruderi squarciati nella cittadina più antica di Cuba, dove ancora vivono un centinaio di famiglie, sia di fronte all’oceano e dietro il Malecon, alla mercé di fiumi nervosi come il Toa e il Rio Miel. Al momento, tranne il restauro in corso delle infrastrutture, è solo lo sforzo dei cittadini che sta mettendo una pezza alle distruzioni delle case.
Un colpo al cerchio e uno alla botte; per evitare equivoci, Raúl Castro nell’Asamblea Nacional del Poder Popular ha messo un freno alle ambizioni di 567.000 cuentapropistas (imprenditori in proprio) sospendendo la concessione di nuove licenze e ponendo il limite di una sola proprietà uso business, sia per le casas particular, (case-alberghi) paladares (ristoranti) e servicios de belleza (estetiste, parrucchiere e barbieri) Messo in discussione l’arricchimento illecito, soprattutto di ristoranti e bed &breakfast, accusati di ricorrere alle provviste fornite dal mercato nero, per far fronte alle esigenze della clientela.
E denunciando l’evasione fiscale, che sembra essere una regola, con meno notti registrate sul libro mastro, e il numero falsato di coperti nei conti.
Se l’evasione è una realtà, comunque globale non solo cubana, accusare i cuentapropistas di comprare gli alimenti necessari per il proprio lavoro al mercato clandestino, quando al mercado agropecuario si trova poco o nulla, appare assai gratuito. Il regime dovrebbe invece cercare di mettere ordine nel cortile di casa, limitando lo strapotere della burocrazia che, attraverso le sue corporazioni in perenne conflitto, ha depauperato le casse statali, mettendo in crisi gli investimenti per istruzione e sanità pubblica, che son sempre stati il fiore all’occhiello del castrismo. Le conseguenze risaltano soprattutto ora, che farmaci importanti disertano gli scaffali, e le biblioteche di scuole e università lamentano l’assenza di computer per gli studenti, e di testi aggiornati. La piaga più nociva è l’alto tasso d’inquinamento che affligge le città principali.
Le vetuste Lada e le gloriose auto d’epoca, ammorbano con i loro miasmi, dovuti al riciclaggio di olii esausti e la mancanza di marmitte catalitiche, i polmoni dei cubani. I tumori delle vie respiratorie sono in piena ascesa, e mancano nelle farmacie le mascherine anti-smog che almeno sarebbero un palliativo.
Dobbiamo ringraziare cavalli e carretti, che ancora costituiscono una risorsa ecologica alla scarsità dei mezzi di trasporto, caricando merci e passeggeri.
Conclusioni
Eppure, non tutti si lamentano. Basta farsi un giro di Michelada (il cocktail classico dei cubani a base di cerveza Bucanero, ghiaccio, succo di pomodoro e tabasco) in locali esclusivi come St.Pauli in Plaza de Marte a Santiago, per rendersene conto. Figli di burocrati, qualche imprenditore statale e privato, più alcuni ciulos (magnaccia) in libera uscita, spendono generosamente in una sera i salari di due mesi di un cameriere. Pochi turisti lì, per cui pochi testimoni di una realtà sommersa in una Cuba che cambia. Per ora, non nel modo che ci auspichiamo avvenga in un futuro prossimo.
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