Dispiace- e non potrebbe essere altrimenti- che la scomparsa (due giorni fa) di Roberto Guicciardini, regista teatrale stimato e defilato, uno fra i più attivi e proficui della scena italiana del secondo novecento, sia passata così in sordina e affidata, al massimo, a brevi dispacci d’agenzia. Invece, e per lungo tempo (con Misiroli, Squarzina, Sequi, Marcucci, Puggelli e tanti altri), l’illustre discendente di “cotanto antenato” (aveva 84 anni e viveva, a Firenze, nello storico palazzo di famiglia) è stato uno dei più proficui, eclettici, defilati animatori di un teatro di repertorio – di gusto e spessore sempre ineccepibili- che integrava il senso della “didattica” drammaturgica assimilata da Brecht con il gusto per lo “spettacolo” ad ampio raggio e respiro, di cui si sostanziava- da Visconte e Strehler in poi- il cosiddetto “teatro di regia” (intellettivo, passionale, esteticamente colto, vigoroso e rigoroso) di cui la scena italiana fu tra le massime palestre di una contemporaneità “dubitativa e perplessa”. Quindi dotata di quel senso critico, quella capacità di discernimento e pragmatica ‘postura’ (materialismo storico vs idealismo rubicondo- ottocentesco) che restano il punto fermo di un ampio mileu culturale coinvolgente le arti dello spettacolo e non solo.
La “cronaca di una vita”, per Gucciardini, comprende importanti e per molti versi irripetibili coincidenze di biografia e di talento, aventi inizio con la fondazione (settembre del 1970, San Gimignano) dello storico Gruppo della Rocca, cui aderirono, fra gli altri, Italo Calvino, Renzo Rosso, Guido De Monticelli) e la successiva contiguità- continuità con tanti Stabili italiani, cooperative teatrali e diverse compagnie primarie, a maggior gloria di un repertorio che spaziava da Machiavelli ad Ariosto, da Shakespeare a Goldoni, da Strindberg a Diderot, da Molière ad Euripide e Seneca; ed ancora Handke, Pasolini, Jonesco, Edoardo De Filippo, Calderon de la Barca, Pirandello. Sino alla più recente, compiuta ed eclettica direzione artistica del Teatro Biondo-Stabile di Palermo.
Uomo frugale, raffinato, disponibile- ma nemico d’ogni protagonismo\presenzialismo- Roberto Guicciardini ha anche lavorato intensamente in teatri di lingua tedesca (Vienna, Zurigo, Darmstadt, Graz, Berlino), rinnovando la sua predilezione per i classici (Machiavelli, Aretino, Gozzi, Ford, Ben Jonson), e non sottraendosi al costante confronto con i più ardui e inflazionati autori contemporanei (Brecht, Muller, Meyer): “in aperto confronto fra diverse culture”- dichiarava- ma cercando di salvaguardare una mia cifra stilistica essenzializzata dalla rinuncia di ridondanze, orpelli, bellurie da gran soirée”
Rimarchevoli infine alcune sue regie d’opera alla Scala di Milano, al Teatro Massimo di Palermo, all’Arena di Verona, all’Opera di Roma, alla Fenice di Venezia, al Maggio Musicale Fiorentino . Tutti da riassaporare i due sceneggiati realizzati in gioventù per la Rai, “Anna Kuliscioff” e “Clara Wieck”. Ma è vana speranza attenderne la riproposizione.