Riprende oggi in Turchia nell’aula bunker del penitenziario di Silivri, a circa 100 chilometri da Istanbul, il processo a 18 tra giornalisti, collaboratori, vertici editoriali e avvocati di Cumhuriyet, storico quotidiano turco di opposizione.
Lo scorso 28 luglio la 27ª Corte Penale aveva rinviato a giudizio tutti gli imputati disponendo la scarcerazione per sei di loro e lasciando in prigione gli altri cinque, l’amministratore delegato della Fondazione Cumhuriyet Akın Atalay, il direttore Murat Sabuncu e gli editorialisti e scrittori, Kadri Gürsel, Ahmet Şık e Kemal Aydoğdu.
Ad essere rilasciati alla fine del dibattito processuale Halan Karasibir, editorialista, Turban Gunay, redattore del supplemento settimanale sui libri, Mustafa Kemal Gungor e Butente Utku, avvocati, Guray Tekin Öz, rappresentante dei lettori, Haci Musa Kart, vignettista, Önder membro del comitato esecutivo.
Erano già stati scarcerati qualche mese prima l’ex direttore Can Dundar, Gunseli Özaltay, redattore della rubrica economica, Hikmet Cetinkaya e Aydin Endin, editorialisti, l’ex redattore Butenti Yenen e l’editore Orhan Erinc.
Durante le quattro udienze di luglio erano stati ascoltati gli imputati e i loro avvocati. Per tutti l’accusa è di sostegno a organizzazioni terroristiche senza esserne membri. Tranne per uno di loro, İlhan Tanır, ritenuto organico al Pkk.
La posizione più delicata appare quella di Ahmet Kemal Aydoğdu, accusato di essere un ‘dirigente’ di Feto, la presunta rete guidata da Fethullah Gulen considerato ideatore del fallito golpe della 2016. Rischiano pene fino a 43 anni di reclusione.
Per Ahmet Şık, che durante la sua deposizione aveva rivolto pesanti accuse ai giudici, la Corte aveva formulato un anche un ulteriore capo di imputazione, oltraggio a pubblici ufficiali e ingiuria.
Gli avvocati difensori hanno tentato di smantellare nelle loro arringhe difensive i capi di accusa nei confronti degli assistiti e soprattutto l’assurdità della carcerazione preventiva in questo specifico caso giudiziario.
Hanno posto l’accento sul fatto che la misura fosse del tutto ingiustificata trattandosi di giornalisti ai quali si contestava il contenuto dei loro scritti e non di essere elementi pericolosi.
Loro stessi hanno confermato tutto quello che avevano prodotto giornalisticamente declamando le rispettive memorie difensive annullano il ‘rischio’ di inquinamento delle prove, essendo le stesse costituite dai loro articoli.
Per sostenere i 18 imputati quel che resta della redazione, su iniziativa dell’editore Erinc, egli stesso a giudizio, ha rivolto un appello a giornalisti stranieri, avvocati e attivisti per i diritti umani a seguire il processo e a partecipare come osservatori all’udienza.
Oltre ad Articolo 21 e Mariano Giustino di Radio Radicale, che seguono sin dall’inizio la vicenda giudiziaria di Cumhuriyet e le continue azioni repressive verso le voci libere turche, anche la Federazione nazionale della stampa italiana e l’Unione delle camere penali, associazione di penalisti italiani, hanno rinnovato la propria solidarietà agli imputati.
L’organizzazione, ha inviato a Istanbul quale proprio rappresentante l’avvocato Nicola Canestrini, nell’ambito del progetto “Avvocati minacciati | endangered lawyers” che si propone di monitorare la situazione degli avvocati perseguitati nel mondo a causa della loro funzione, dato che l’attacco ad un difensore in qualsiasi parte del mondo “è un attacco alla funzione sociale che il legale ha nella tutela dei diritti fondamentali”.
Come spiega Canestrini “quel che emerge, e non solo negli stati dittatoriali come la Turchia, è un attacco generalizzato alle categorie di sentinelle dei diritti: giornalisti, magistrati, avvocati, intellettuali”.
Se quindi l’asalto a queste categorie è ‘comune’, è la convinzione del rappresentante dell’Unione camere penali, corale dovrà anche essere la risposta delle categorie perseguitate.
Ed è anche la certezza di tutti noi di Articolo 21: se tutte le categorie interessate continueranno a disinteressarsi delle rispettive sorti, o a fare dei distinguo anche su battaglie che non possono che essere comuni, ad uscirne indebolite saranno le fondamenta della democrazia.
Condividiamo non solo le parole di Costantini, il quale annunciando
che sarà presente per conto dell’Unione delle camere penali come osservatore internazionale all’udienza contro i giornalisti di Cumhuriyet ha ricordato che la libertà di espressione è un principio fondamentale per la democrazia e dello stato di diritto, ma anche la volontà di non lasciare soli i nostri colleghi.
Ci auguriamo che lo stesso sentimento che anima noi, che saremo idealmente presenti al processo contro Cumhuriyet, rilanciando ogni notizia che ci arriverà da Istanbul, possa essere condiviso dal più vasto numero possibile di colleghi e associazioni che si occupano di libertà di pensiero e di diritti umani.