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Turchia, l’appello dell’editore di Cumhuriyet: “L’11 settembre non lasciateci soli”

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L’11 settembre nell’aula del penitenziario Silivri, a circa 100 kilometri a ovest di Istanbul, riprenderà il processo a 18 tra giornalisti, avvocati e vertici editoriali di Cumhuriyet.
Attraverso Articolo 21 Ohran Erinç presidente del Consiglio di Amministrazione dello storico quotidiano turco, invita tutti i colleghi stranieri a seguire la prossima udienza e, a chi fosse nella possibilità di farlo, di partecipare come osservatore.
Dei 18 imputati, tra cui lo stesso Erinç che ha ottenuto da poco la scarcerazione, 5 sono ancora in prigione.
“Il caso dei giornalisti di Cumhuriyet è emblematico per ciò che concerne la situazione della libertà di stampa in Turchia” è la prima considerazione dell’editore del giornale da sempre voce critica nei confronti di Recep Taiyyp Erdogan e del suo governo.
“Tra i nostri collaboratori che sono stati imprigionati – prosegue – ben undici sono comparsi davanti alla Corte solo dopo nove lunghi mesi di detenzione. Durante il periodo precedente al processo sono stati tenuti in isolamento ed è stata loro concessa una sola ora di visita settimanale da parte dei loro avvocati e dei familiari. Il loro diritto alla comunicazione, fondamentale per la preparazione della loro difesa, è stato fortemente limitato. Inoltre alcuni dei loro diritti fondamentali sono stati violati: incolumità e sicurezza della persona, nonché la libertà di espressione. Inoltre è stato loro negato un equo processo ed è stato ignorato, da parte dell’accusa e della Corte, il principio giuridico della presunzione di innocenza”.

Articolo 21 ha seguito tutte le udienze, iniziate. il 24 luglio 2017.
Il dibattimento è stato incentrato sull’attività giornalistica piuttosto che sulle accuse formulate nei confronti degli imputati.
“Le domande poste sia dai giudici che dal procuratore – sottolinea Erinç – vertevano solo sulle notizie e sulla politica editoriale di Cumhuriyet. Hanno insistito sulle motivazioni alla base di alcuni titoli di apertura e la formulazione dei titoli di prima pagina. La linea editoriale indipendente del giornale è stata messa in discussione come il diritto di fare informazione libera è stato messo sotto accusa”.
Sin dalla prima udienza il processo stesso ha posto in evidenza che quello in atto nei confronti di Cumhuriyet è un tentativo di imporre il bavaglio ai giornalisti turchi, una ritorsione contro chi concepisce il giornalismo come strumento di verità e di libertà d’espressione.
“Non è altro che un complotto politico non solo a danno di Cumhuriyet ma del giornalismo, in generale – ribadisce l’editore – che da tempo in Turchia è in pericolo. I giornalisti e i manager del mio giornale sono stati costretti a provare la loro innocenza ma quando gli accusati hanno iniziato a mettere in dubbio la legittimità del giudizio e delle accuse durante il processo il complotto ha subito un contraccolpo”.
Come evidenzia lo stesso Erinç nonostante su tutti gli imputati pendano gli stessi capi di accusa, solo sette dei dodici detenuti sono stati liberati.
Ahmet Şık, Akın Atalay, Kadri Gursel e Murat Sabuncu sono rimasti in carcere perché la Corte ha ritenuto che sussistano “forti sospetti”, a seguito delle dichiarazioni degli stessi accusati e dei testimoni, e potrebbero costituire una “minaccia” se fossero rilasciati.
“Con questa decisione – sostiene l’editore di Cumhuriyet – la Corte ha palesato la sua politica intimidatoria ed è chiara la sua intenzione di voler tenere i nostri colleghi come ostaggi ancora per lungo tempo”.

La posizione che preoccupa di più è quella di Ahmet Şık il quale parlando in aula in sua difesa ha rivolto parole dure ai giudici i quali hanno ritenuto che le accuse nei confronti della Corte avessero “tutti i presupposti per essere considerate un crimine” e hanno presentato un esposto ufficiale al Procuratore Capo di Istanbul.
“L’unico modo per aiutarci a fronteggiare tali attacchi contro alla libertà di stampa e di espressione – ribadisce Erinç – è incentivare la rete di solidarietà che si è creata intorno ai giornalisti ingiustamente incriminati. Questo processo ci ricorda, ancora una volta, l’importanza della solidarietà nella lotta per la libertà e per la democrazia.. Il sostegno internazionale alla causa da parte dei nostri amici all’estero è fondamentale per noi. Gli sforzi e l’impegno che ci testimoniate ci aiutano e ci fortificano nel corso della nostra lotta per la libertà e per la democrazia”
Articolo 21 sin dall’inizio del processo, e ancora prima lanciando la campagna “No bavaglio turco”, ha promosso azioni di solidarietà per chiedere il rilascio dei giornalisti arrestati in Turchia, ormai oltre 170.
Tali iniziative, come ha tenuto a sottolineare l’editore di Cumhuriyet, non sono state solo d’aiuto per garantire trasparenza e un’ampia diffusione delle notizie relative al processo ma “sono state di supporto morale per i colleghi dietro alle sbarre”.
“Cumhuriyet è stato il primo quotidiano turco nella storia del Paese – conclude Erinç – Diciotto suoi dipendenti compariranno davanti alla Corte per la prossima udienza l’11 settembre. Saremmo onorati di avervi accanto a noi. La vostra presenza renderà tutti noi ancora più forti”.
Per supportare i giornalisti che vorranno seguire il processo il giornale mette a disposizione una rete che faciliterà l’aspetto logistico. A cominciare da una navetta che alle ore 6.30 partirà dall’ingresso principale dell’albergo per il penitenziario di Silivri, fino a un servizio di traduzione simultanea in inglese in tempo reale.
Noi ci saremo e ancora una volta illumineremo questo processo divenuto la ‘madre’ di tutte le sfide per la libertà di stampa in Turchia.


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