Il 27 settembre Ilaria Cucchi, Luigi Manconi e Fabio Anselmo, faranno il punto sul processo “nella stessa sala del Senato dove mostrai per la prima volta le foto di Stefano”. Lanceranno anche la terza edizione del Memorial Stefano Cucchi che si terrà il 1° ottobre a Roma. La giornata per ricordare il geometra romano morto il 22 ottobre 2009 durante la custodia cautelare, è organizzata dall’Associazione Stefano Cucchi Onlus e inizierà al Parco degli Acquedotti con la maratona “Corri con Stefano” a cui ci si potrà iscrivere a partire dalle ore 8; l’inizio della corsa è previsto per le 10. Dalle 19 invece, il Memorial continuerà all’ex Dogana di San Lorenzo dove dal palco interverranno, tra gli altri, l’attrice Jasmine Trinca (che interpreterà Ilaria nel nuovo film di Alessio Cremonini), i cantanti Alessandro Mannarino e Piotta, il gruppo Assalti Frontali, ma anche Chef Rubio e il regista del film Diaz, Daniele Vicari.
Sono passati 8 anni e questa è la terza edizione del Memorial Stefano Cucchi. Qual è lo spirito con cui arrivi al primo ottobre?
“Con uno spirito molto positivo, di speranza. Ed è un segnale che mi piace lanciare a tutti quelli che pensano di non potercela fare. La nostra vicenda deve necessariamente insegnare qualcosa, deve insegnare che in fondo non bisogna mai smettere di credere nella giustizia. Sì è vero ci sono voluti otto anni, tanto dolore, tanti sacrifici, tanto tempo perso, tante energie. Ma adesso possiamo dire che ce l’abbiamo fatta. Questo è il senso del Memorial: un momento di unione, di condivisione. Ci piace ricordare Stefano non nel giorno della sua morte, non in quello del suo arresto, ma in quello del suo compleanno in modo da poterlo ricordare con un sorriso. Mi butto alle spalle tutte le mattine in cui sono andata in tribunale e mi sono chiesta se un processo era quello che Stefano volesse: oggi io vedo Stefano che sorride”.
La vicenda giudiziaria è ad un momento cruciale. Quali sono i risultati secondo te ottenuti fino ad adesso e cosa manca ancora?
“È la prima volta che io sono così positiva e serena, se di serenità si può parlare, proprio perché siamo in una fase completamente diversa da quella che ci stiamo lasciando alle spalle. Il 13 ottobre inizierà il cosiddetto processo bis per la morte di mio fratello e questa volta sarà un processo che farà in modo che in quelle aule di giustizia possa entrare la verità. Semplicemente la verità che è stata nascosta per 8 lunghissimi anni, taciuta, consentendo che qualcun altro affrontasse un processo al posto dei veri responsabili di quella morte. Dalla mia parte adesso ci sono gli agenti di polizia penitenziaria imputati nel vecchio processo. Ci sarà CittadinanzAttiva e il Comune di Roma come è avvenuto in precedenza. Ma soprattutto le persone, e sono tantissime, che non hanno mai smesso di credere che si poteva ottenere giustizia per Stefano”.
A pochi giorni dall’Assemblea nazionale di Articolo21, qual è il significato della “scorta mediatica” che in questi anni si è creata intorno al caso?
“Innanzitutto sia io sia Fabio Anselmo siamo onorati di poter intervenire alla vostra Assemblea, quindi in un momento così importante del vostro lavoro. Non potrò mai dimenticare quel giorno di otto anni fa quando fui costretta mio malgrado a rendere pubbliche in una conferenza stampa le foto del corpo martoriato di mio fratello. Davanti a noi, davanti a me che quelle foto non le avevo ancora guardate, c’eravate voi giornalisti. Avete aperto quel dossier e ho capito che quello era il momento della svolta: ho capito che ormai non erano soltanto le mie parole ma quello che mio fratello aveva dovuto subire era chiaro ed evidente nei segni che il suo corpo portava su di sé. Devo dire che, se non ci fosse stato il cosiddetto processo mediatico e senza l’attenzione dei giornalisti, quasi sicuramente non sarebbe esistito il processo Cucchi nelle aule di giustizia. È triste dirlo ma è così”.
Quella per tuo fratello è diventata da parte tua anche una battaglia per i diritti umani
“Il senso dell’associazione è proprio questo. Dopo aver vissuto questa drammatica vicenda, dopo quei maledetti sei giorni che portarono Stefano a morire, ma anche dopo quello che lui ha subito in questi anni, necessariamente le nostre vite sono cambiate per sempre. Stefano era un ultimo, per questo è andata così. Di ultimi ce ne sono purtroppo tanti di cui non interessa nulla a nessuno e siccome umanamente io ho bisogno di dare un senso a questo dolore e a questo vissuto, mi piace pensare che nel nome e tramite Stefano, si possa parlare di tutti gli altri Stefano che subiscono soprusi e che rischiano di essere dimenticati. Sempre più capisco il sogno del mio migliore amico Paolo, un missionario a cui Stefano disse che stava bene, che io dovevo andare avanti, che probabilmente non sarebbe mai arrivata la giustizia, ma che era giusto farlo per tutti gli altri come lui”.